Riuscirà Donald Trump a insediare la sua squadra di controversi fedelissimi ai vertici della nuova amministrazione?
"La partita è aperta – risponde Gregory Alegi, 61 anni, analista e docente di Storia e politica americana alla Luiss –. Dipende anzitutto dalla risposta del Partito repubblicano".
Trump pretende fedeltà.
"È la sua visione dei rapporti gerarchici e politici. Ma con una maggioranza di appena tre senatori potrebbe forse rinunciare in corsa ai profili più divisivi per non rischiare bocciature in un ipotetico braccio di ferro. Perché basterebbero tre senatori repubblicani vecchio stile, indisponibili a dimenticare il proprio dna law&order, per esporlo a una sconfitta anzitutto sul piano dell’immagine".
E se invece la lista di impresentabili fosse approvata?
"Saremmo in presenza di una resa definitiva all’agenda Maga. Una mutazione genetica sul piano politico e non solo su quello simbolico".
Non è già così?
"Ora nell’elettorato repubblicano convivono sia vecchi elementi identitari sia pulsioni anti sistema. Sono dinamiche che spingono in direzioni opposte. Cosa ne uscirà fuori lo vedremo. Perché un conto è vincere le elezioni, un altro governare con tutta la gravitas richiesta dal ruolo e che Trump non esprime".
Bypassare il Senato approvando nomine gradite grazie ai poteri presidenziali è un’ipotesi?
"Il Recess Appointment è una norma pensata per nomine indifferibili quando agli albori della democrazia americana il Congresso non si riuniva per molti mesi. È stata poi utilizzata da tutti i presidenti, ma solo per sostituzioni davvero urgenti. Mai per l’intero governo. Usare questa leva sarebbe uno strappo. Ma del resto Trump ha già detto di voler abolire la Costituzione".
Nessuno sembra crederlo.
"Resta un mistero come l’opinione pubblica sia in grado di dimenticare le iperboli di leader autocratici e poi di stupirsi se diventano realtà. Trump torna alla Casa Bianca animato da desideri di vendetta".
I famosi conti da regolare?
"Trump vuole una squadra di persone devote. Il riferimento ai generali di Hitler – trapelato durante la campagna elettorale – illustra sia come intenda i rapporti di potere sia come poco conosca la storia (visto il complotto del 1944). Così le sparate elettorali perdonate dai media (con doppio registro rispetto a Biden) oggi si rivelano tutt’altro che folklore".
Come un suprematista ariano al Pentagono?
"Pete Hegseth alla difesa, con i suoi tatuaggi espliciti, è una scelta incommentabile. Ma l’ipotesi di Matt Gaez a procuratore generale è forse persino peggio: affidare la giustizia a un uomo dimessosi dalla Camera per evitare pubblicità all’inchiesta per traffici sessuali con minori, che lo coinvolge, restituisce il livello delle nomine. Anche Tulsi Gabbard alla National Intelligence ed Elisa Stefanik all’Onu hanno profili inadeguati e divisivi. Eppure, le alternative ci sarebbero. Marco Rubio segretario di Stato è forse la sola casella azzeccata".
Saranno fuochi d’artificio con Elon Musk e Vivek Ramaswamy all’efficienza governativa?
"L’annuncio di Musk di voler tagliare quasi un terzo del bilancio federale aumentando il budget militare significa immaginare un altro Paese. Ma, a parte i tanti conflitti di interesse, è l’idea stessa di trasferire la logica del privato in un’amministrazione pubblica complessa a risultare avventurosa".
Il Deep State farà resistenza?
"Gli alti ranghi si ricicleranno prima di farsi cacciare. Tutti gli altri si difenderanno in trincea".
Se Trump avrà la sua sua squadra di schierati&devoti, quali ricadute ci saranno in Europa?
"Sarà un segnale. Aumenteranno le pulsioni sovraniste e le difficoltà dei 27 a trovare intese".