Dopo 400 giorni di combattimenti si allontana la prospettiva di un accordo che metta fine alla guerra a Gaza e che consenta la restituzione dei 101 ostaggi israeliani (vivi o morti) ancora nelle mani di Hamas. Il Qatar ha infatti informato l’amministrazione Usa di aver deciso di sospendere la mediazione fra Israele e Hamas. Essa potrà riprendere, ha precisato, quando le parti avranno mostrato una"genuina volontà di raggiungere un’intesa". Parole dirette in primo luogo ad Hamas il cui "ufficio politico a Doha ora non serve più ad alcuno scopo". In pratica un’espulsione dal Qatar, anche se ancora non formalizzata.
Ma anche in Israele si è registrata una clamorosa battuta d’arresto quando il premier Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della difesa Yoav Gallant. L’eventualità che il Qatar possa formalmente espellere Hamas dal proprio territorio è stata accolta con aperta soddisfazione da Canale 14, una emittente vicina a Netanyahu, secondo cui questo sviluppo dimostrerebbe "un’atmosfera nuova" già scaturita dopo la vittoria elettorale di Donald Trump.
Diversamente dal premier, in un incontro di commiato dai vertici dell’esercito l’ex ministro Gallant ha sostenuto che i successi conseguiti sul terreno consentirebbero invece ad Israele di andare verso una tregua prolungata a Gaza e verso la liberazione degli ostaggi. Il controllo israeliano sull’Asse Filadelfia (il confine fra Egitto e Gaza) non è affatto – secondo Gallant – d’importanza prioritaria dal punto di vista militare. Se la guerra dunque prosegue, ha lasciato intendere, è non solo per l’irrigidimento di Hamas ma anche per considerazioni personali di Netanyahu legate alla politica interna. Intanto si fa sempre più drammatica la situazione nel nord della Striscia di Gaza dove l’esercito – impegnato in nuovi confronti con Hamas – ha costretto decine di migliaia di civili palestinesi ad abbandonare le proprie abitazioni. Nella zona attorno al campo profughi di Jabalia si notano ora estese demolizioni. Agenzie internazionali denunciano che in quell’area c’e’ grande penuria di cibo e che la popolazione è vicina alla fame.
La guerra prosegue con intensità anche in Libano, con gli Hezbollah. Per tutta la giornata di ieri i miliziani sciiti hanno costretto centinaia di migliaia di israeliani a correre ripetutamente nei rifugi, mentre in cielo volavano razzi provenienti dal Libano. Israele ha replicato con duri bombardamenti in un rione meridionale di Beirut. Un giornale vicino agli Hezbollah, al-Akhbar, ha appreso che Israele ha chiesto all’Unifil di limitare i propri movimenti a sud del fiume Litani ed in altre località del Libano meridionale. Gli osservatori dell’Unifil hanno denunciato un nuovo incidente avvenuto a Ras Naqura (al confine fra Libano ed Israele) dove un bolldozer israeliano ha distrutto ("in un attacco deliberato") il recinto di una postazione.
Di fronte a questi sviluppi non accennano a placarsi le manifestazioni di protesta in Israele contro il governo Netanyahu. Migliaia di dimostranti, fra cui i familiari di ostaggi di Hamas, sono tornati anche ieri in piazza a Tel Aviv ed in altre città. "A causa di Netanyahu – ha esclamato Einav Zingaucker, una portavoce della protesta – i nostri ostaggi muoiono e come loro anche i nostri soldati".