Sabato 21 Dicembre 2024
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Gli amici di Israele. Baku socio anti-Teheran. Silenzio (assenso?) di Riad

Il Mossad ha penetrato i gangli del potere iraniano sfruttando aiuti esterni. Non solo gli Usa: anche l’Azerbaigian svolge un ruolo importante nell’aera.

Roma, 12 ottobre 2024 – L’Iran perde un altro pezzo importante. E questa volta ha fatto tutto in casa. Esmail Qaani, capo della Forza Quds dei Guardiani della Rivoluzione è sparito dal 4 ottobre. Secondo media arabi, ma anche per gli Stati Uniti è sospettato dal governo di Teheran di essere una spia del Mossad israeliano e di aver fornito informazioni utili a colpire lo scorso 27 settembre il leader di Hezbollah, Hassam Nasrallah, e il suo vice, Hashem Safieddine, pochi giorni dopo. Se così fosse, significa che Israele è riuscita a penetrare i gangli del potere iraniano. La Forza Quds è un’unità speciale che raccoglie informazioni militari all’estero. Praticamente, tiene i contatti non solo con i proxy direttamente dipendenti dall’Iran, ma con tutte le altre organizzazioni terroristiche, dalle milizie sciite fino ad Hamas e alla Jihad islamica palestinese. Lo stesso Qaani era nientemeno che il successore di Qasem Soleimani, ucciso dagli Stati Uniti quattro anni fa e considerato ‘insostituibile’.

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NEMICI COMUNI, ALLEATI FIDATI

Israele brilla per capacità di infiltrazione e, nel caso dell’Iran, lavora su questo obiettivo da anni. Ma è impossibile che abbia fatto tutto da solo. I colpi messi a segno nella Repubblica islamica, in Libano e in Siria suggeriscono un appoggio esterno. Gli Stati Uniti sono un grande alleato di Israele, sicuramente il più esposto. Ma c’è un altro Paese che si cita pochissimo e che molto probabilmente è stato determinante per le azioni portate avanti, soprattutto sul territorio iraniano: l’Azerbaigian. Baku e Teheran condividono un confine importante e un pezzo di storia. La repubblica caucasica è stata parte dell’Impero persiano fino al XIX secolo. E hanno in corso dispute territoriali e per lo sfruttamento di alcuni giacimenti nel Caucaso che durano da decenni. In più, il 16% della popolazione in Iran è proprio di origine azera. Particolare importante, che suggerisce un’attività di intelligence datata pervasiva. In più, Baku è una grande alleata di Israele, con cui ha in essere importanti rapporti commerciali (Gerusalemme compra energia) e militari.

SILENZI O ASSENSI?

C’è poi chi apparentemente sta zitto e lascia che le cose facciano il loro corso, ma a cui la crisi attraversata dalla Repubblica Islamica e dai suoi proxy fa solo comodo. L’Arabia Saudita è il caso più eclatante. Da quando è iniziata l’escalation in Libano, da Riad non è arrivata una sola parola di solidarietà verso lo storico rivale sciita della regione, nonostante i due appelli dell’ayatollah Khamenei che chiedeva al mondo musulmano di ribellarsi. Non solo. Alcuni elementi fanno supporre che, dietro i successi di Israele, potrebbe esserci anche lo zampino della monarchia del Golfo per eccellenza. Due settimane fa, a Doha, in Qatar, ufficialmente mediatore e quindi in linea teorica imparziale, si sono incontrati alcuni funzionari sauditi e iraniani, con i primi che hanno garantito ai secondi di rimanere neutrali nel conflitto. Non solo è un po’ pochino, vista la supposta unità del mondo islamico contro Israele. Il fatto che abbiano dovuto convincere la delegazione suggerisce che qualche dubbio sia sorto anche a Teheran.

TUTTI CONTRO

Diventa sempre più numerosa la cordata di Paesi che disapprova la condotta di Israele. In prima fila, ovviamente, c’è l’Iran. Ma le azioni dello Stato ebraico non piacciono nemmeno a Mosca, che in Siria e Libano ha due centri di influenza importanti; e alla Turchia, uno dei maggiori alfieri della causa palestinese. Ma il governo Netanyahu inizia a indispettire anche un numero crescente di Paesi Ue. Il presidente Macron ha bloccato l’export di armi per colpire Gaza. Lo stesso ha fatto la Spagna, chiedendo che la stessa misura venga attuata da tutta la comunità internazionale. Sulla stessa linea, teoricamente, anche Italia e Gran Bretagna. Ma la Difesa italiana e quella inglese hanno ammesso di avere fornito dopo il 7 ottobre, rispettivamente, armi e pezzi di ricambio dei F-35, utilizzati da Israele nei bombardamenti.