Domenica 26 Gennaio 2025
DANIEL PEYRONEL
Esteri

Gisèle Pelicot vince la battaglia giudiziaria contro l'ex marito per violenza sessuale

Gisèle Pelicot ottiene giustizia: 20 anni di carcere all'ex marito per violenza sessuale. Un processo che cambia la società.

Gisèle Pelicot ottiene giustizia: 20 anni di carcere all'ex marito per violenza sessuale. Un processo che cambia la società.

Gisèle Pelicot ottiene giustizia: 20 anni di carcere all'ex marito per violenza sessuale. Un processo che cambia la società.

"Ho voluto, aprendo le porte di questo processo il 2 settembre scorso, che la società potesse appropriarsi di questi dibattiti. Non ho mai rimpianto questa decisione. Ora ho fiducia nella nostra capacità collettiva di costruire un futuro in cui ognuno, donna e uomo, possa vivere in armonia, nel rispetto e nella comprensione reciproca". Le parole di Gisèle Pelicot, pronunciate ieri all’uscita dall’aula del Palazzo di Giustizia di Avignone, sono colme di sollievo e di consapevolezza di aver vinto una battaglia giudiziaria fuori dal comune. Vent’anni, il massimo della pena, sono stati inflitti al suo ex marito Dominique Pelicot che per dieci anni – dal 2011 al 2020 – l’ha drogata per violentarla e farla violentare da decine di uomini che reclutava sulle chat. Anche tutti gli altri 50 coimputati sono stati dichiarati colpevoli, con condanne di varie genere tra i 3 e i 15 anni.

Una battaglia, quella della donna, che va ben oltre questi tre mesi di processo. Da quel 2 novembre di quattro anni fa, quando gli agenti del commissariato di Carpentras le rivelano i crimini dell’ormai ex marito, padre dei loro figli David, Caroline e Florian schieratisi subito con la madre e ieri presenti in aula.

La donna, oggi 72enne, dedica a loro, alle sue nuore e ai suoi nipoti questa vittoria legale. Ma anche alle famiglie colpite loro malgrado da questo processo. Mogli, figli e parenti degli altri 50 imputati, uomini compresi tra i 27 e i 74 anni: disoccupati, giornalisti, pompieri, pensionati e padri di famiglia. Infine, durante il suo discorso, la donna si rivolge a tutte quelle "vittime non riconosciute, le cui storie spesso restano nell’ombra: voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta".

La platea, oltre alla folla sul piazzale davanti al tribunale è composta da una schiera di giornalisti: 186 media presenti, di cui 86 testate straniere. Nessuno, nemmeno Gisèle Pelicot, poteva immaginarsi un’eco così importante. Lei che inizialmente aveva congedato la sua prima avvocata perché aveva risposto ai giornalisti senza il suo permesso, prima della scelta coraggiosa di aprire il processo. Una richiesta accolta favorevolmente solo dopo qualche reticenza da parte del presidente della Corte, Roger Arata. Durante il processo, Gisèle Pelicot si esprimerà quattro volte. I suoi interventi sono brevi, essenziali: "se fossi venuta a conoscenza dei fatti, forse avrei guadagnato dieci anni della mia vita", dichiara davanti ai giudici.

La donna rimprovera ai 50 accusati, di non aver avuto nemmeno il riflesso di sganciare il telefono, anche in maniera anonima, per avvertire lei o la polizia di questo sistema. Anni in cui la donna ha contratto malattie sessualmente trasmissibili e temuto di soffrire di un tumore o di Alzheimer, data l’impossibilità di una diagnosi medica. Per il suo avvocato Antoine Camus, la speranza della cliente non era tanto quella di riavere indietro quegli anni rubati: "La sua ossessione, è che il processo serva a qualcosa". "Ho resistito quattro anni per questo. Affinché se un giorno una donna si sveglia senza ricordare quello che è successo il giorno prima, possa contare sulla mia testimonianza", aveva dichiarato Gisèle Pelicot. Per lei, più della sentenza, troppo poco severa secondo buona parte delle associazioni presenti fuori dal tribunale, è il processo il tassello fondamentale per cambiare la società. Obiettivo raggiunto almeno secondo l’avvocata di Dominique Pelicto, Béatrice Zavarro: "Il processo è una tappa essenziale nello sviluppo del dibattito sullo stupro". Dal presidente spagnolo Pedro Sánchez al cancelliere tedesco Olaf Scholz, sono piovuti i messaggi di solidarietà dal mondo intero.

Messaggi che hanno accompagnato Gisèle Pelicot durante tutta la durata del processo: "Le vostre testimonianze mi hanno profondamente commosso. In esse ho trovato la forza di tornare ogni giorno ad affrontare queste lunghe giornate di udienza", ha confessato la donna, ormai liberata da un peso.