Una buona idea per la ricostruzione materiale di Gaza sarebbe lo spostamento iniziale dalla Striscia di un milione e mezzo di palestinesi e la loro sistemazione in Giordania ed Egitto "come soluzione temporanea o di lungo termine": questi concetti, che ricordano da vicino progetti avanzati dall’estrema destra israeliana, sono stati espressi dal presidente Donald Trump e hanno subito innescato una catena di reazioni adirate, sia fra i palestinesi sia fra i dirigenti dei Paesi da lui menzionati. "Ha attraversato una linea rossa", ha esclamato il presidente palestinese Abu Mazen, respingendo qualsiasi progetto di rimozione forzata di masse di palestinesi dalla loro terra. "Non consentiremo il ripetersi delle catastrofi abbattutesi sul nostro popolo nel 1948 e nel 1967": ossia la fondazione dello Stato d’Israele e la Guerra dei Sei Giorni.
Condanne altrettanto nette sono giunte, oltre che da Hamas, dal ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ("La Giordania è per i giordani, la soluzione della questione palestinese è in Palestina") e dai dirigenti dell’Egitto, che già da tempo hanno messo in guardia da ogni tentativo israeliano di sospingere, sulla scia della guerra, masse di sfollati palestinesi dal sud della Striscia verso il deserto del Sinai.
Parlando a braccio con i reporter nell’aereo presidenziale, Trump ha detto di aver affrontato la questione con re Abdallah di Giordania e di accingersi a fare altrettanto con il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi. "La Striscia di Gaza è in rovina, un sito di demolizione. Che fare? Prendere un milione e mezzo di persone e semplicemente ripulire l’intera zona. Poi, col coinvolgimento di alcune nazioni arabe, costruire progetti edili in un luogo diverso, dove forse potrebbero vivere in pace, tanto per cambiare".
Queste parole, che pure hanno destato sorpresa nelle capitali arabe, non sono giunte del tutto nel vuoto. Ancora di recente l’emissario di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, aveva lanciato un altro ballon d’essai: la sistemazione di una parte degli abitanti di Gaza in Indonesia per facilitare le opere di ricostruzione. Anche il governo di Jakarta era rimasto sbigottito da quella iniziativa, che nei giorni scorsi è tornato a respingere. Altri hanno notato che nella cerimonia inaugurale di Trump erano presenti, fra gli invitati, esponenti del movimento dei coloni ebrei in Cisgiordania. Il loro rappresentante principale al governo, il ministro Bezalel Smotrich, ha subito espresso totale approvazione per la linea di pensiero espressa da Trump.
Eppure l’atteggiamento di Trump verso la guerra a Gaza è tutt’altro che in sintonia con quello dell’ala massimalista del governo Netanyahu: perché Trump ribadisce in tutte le occasioni che Israele deve rispettare entrambe le fasi della tregua a Gaza e completare un ritiro totale dalla Striscia.
Intanto il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majid Al-Ansari, ha annunciato che Hamas e Israele hanno raggiunto un’intesa: giovedì Hamas libererà l’ostaggio civile Arbel Yehud, la soldatessa Agam Berger e un altro rapito, mentre sabato saranno liberati altri tre ostaggi, come previsto dall’accordo, e fornirà l’elenco degli altri ostaggi che saranno liberati nella prima fase. In cambio, Israele permetterà a partire da oggi ai profughi palestinesi di tornare nel nord della Striscia di Gaza. L’accordo è stato confermato in tarda serata con una nota dell’ufficio del premier israeliano Benyamin Netanyahu. L’intesa sul cessate il fuoco siglato a Doha prevede che l’Idf consenta ai palestinesi residenti nella zona settentrionale dell’exclave, evacuati per la guerra, di tornare in quel che resta delle loro case.