Capri, 17 aprile 2024 – Al via oggi a Capri il G7 dei ministri degli Esteri che, purtroppo per loro, avranno davvero poco tempo per godersi le bellezze dell’isola. Il summit si concluderà dopodomani e, fra Medioriente e Ucraina, ha un programma particolarmente fitto. L’Italia è pronta a fare la sua parte, ha garantito un determinato Antonio Tajani ieri.
Il ministro degli Esteri ha sottolineato come, per tradizione, Roma sia particolarmente predisposta al dialogo fra le parti. Una moderazione e una prudenza che caratterizzano la sua politica estera da sempre e che, in una situazione dove i poli sono quanto mai contrapposti, potrebbe fare la differenza. A preoccupare, c’è soprattutto la crisi in Medioriente, con la situazione a Gaza, drammatica e dalla quale, secondo Tajani, bisogna assolutamente ripartire. Pace è la parola d’ordine, due popoli due Stati la via per raggiungerla.
E, a quel punto, l’impegno dell’Italia potrebbe diventare ancora più concreto. "Siamo pronti a fare la nostra parte per la pace così come stiamo facendo in Libano", ha spiegato Tajani, riferendosi alla missione Unifil, dispiegata al confine con Israele. Nel caso in cui si concretizzasse la nascita di uno Stato palestinese, l’Italia sarebbe pertanto pronta a fare ancora di più, mettendo le sue truppe a disposizione di un contingente internazionale di peacekeeping, sotto l’egida dell’Onu e guidato nel caso da forze arabe.
Desiderio di normalizzare la situazione in Medioriente, ma senza esulare da una condanna ferma dell’attacco iraniano contro Israele di sabato scorso. Un attacco a cui Israele ha promesso una risposta vigorosa. Per questo, il G7, nel quale si valuteranno sanzioni contro Teheran, è anche una vera e propria corsa contro il tempo. La volontà del ministro di trovare una via d’uscita in tempi brevi è palpabile. Bisogna garantire un cessate il fuoco che serva alla liberazione senza condizioni di tutti gli ostaggi e per fare pervenire aiuti alla popolazione palestinese allo stremo. Un compromesso va trovato prima che Israele decida di rispondere all’attacco di sabato.
Una reazione sproporzionata o anche solo energica potrebbe indebolire la cordata di Paesi che non vogliono una guerra nella regione, ma che non sono nemmeno disposti a subire un botta e risposta fra Gerusalemme e Teheran continuo. "Quando ci sono azioni e reazioni militari – ha proseguito Tajani - si rischia sempre che la situazione possa esplodere, anche per errore, come un pilota che sbaglia o una decisione affrettata". Urge impedire che il conflitto si allarghi, nel rispetto del diritto di Israele a esistere e vivere in pace e serve l’aiuto di tutti, soprattutto quello dei Paesi della regione. Per questo motivo alla Farnesina sono stati ricevuti gli ambasciatori dei Paesi arabi e musulmani, per esporre la visione italiana, ma anche per raccogliere i loro punti di vista. Secondo il ministro Tajani è prioritario fare riacquisire peso e credibilità all’Autorità Nazionale Palestinese, che rimane l’unico legittimo interlocutore.
C’è poi il capitolo Ucraina. Al summit parteciperà anche il ministro degli esteri di Kiev, Dmytro Kuleba. Kiev può contare sull’appoggio del G7 e dell’Italia. Secondo il ministro Tajani occorre aiutare Kiev a resistere perché "solo se non c’è una sconfitta da parte degli ucraini si può dare vita a un tavolo della pace" dove Kiev non debba sottostare alle richieste di Mosca. Niente da fare invece per lo scudo aereo invocato da Zelensky domenica, dopo avere visto caccia di Paesi occidentali che si alzano in volo per abbattere i droni che si dirigevano verso Israele e che erano gli stessi che nelle stesse ore stavano colpendo Kharkiv.