Roma, 16 gennaio 2025 – Un accordo che rappresenta un segnale confortante, ma ancora non sufficiente a chiarire gli equilibri politici nella Striscia di Gaza. Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas mette un freno allo scontro armato, ma nulla dice sul futuro degli scenari in Medio Oriente. Con Luigi Toninelli, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale dell’Osservatorio Medioriente e Nord Africa, chiariamo i termini dell’intesa, il ruolo degli Stati Uniti in questa fase di transizione tra amministrazioni, analizzando i nodi che restano da sciogliere per arrivare ad una stabilità politica più duratura nell’area.
Toninelli, quali restano le principali questioni aperte?
“In primo luogo il corridoio Filadelfia, tra Egitto e Gaza, occupato da Israele nel corso della guerra. Hamas vorrebbe venisse liberato ma Israele non sembra disposto a farlo. Resta comunque aperto tutto il futuro della Striscia di Gaza, a partire da come verrà governata. Si parla dell’Autorità nazionale palestinese, quindi della possibile fine del controllo di Hamas, ma al momento sono ipotesi e Hamas potrebbe vendere cara la pelle per evitarlo”.
Dopo il 7 ottobre Hezbollah era andato in soccorso di Hamas. Quali conseguenze ci saranno in Libano?
“Quello che è successo a partire da ottobre 2023, quindi dagli attacchi di Hamas, ha aperto una nuova fase per il Medio Oriente. In Libano si è arrivati ad una nuova invasione di Israele nel sud del Paese che ha indebolito Hezbollah, contribuendo a portare proprio in queste ore alla nomina di un primo ministro che sta lavorando per la formazione di un nuovo governo, con pieni poteri. Ricordiamo che il governo libanese era dimissionario da maggio 2022. Il nuovo governo è frutto anche delle pressioni internazionali che intendono dare una svolta riformista al Paese”.
Sulla questione libanese ha avuto un importante impatto anche la caduta di Assad in Siria?
“Si, la Siria aveva un importante peso all’interno del Libano che adesso sembra essersi svincolato dalle sue ingerenze. Abbiamo visto arrivare in visita in Siria numerosi leader europei, dal nostro ministro degli Esteri Tajani sino agli omologhi tedesco e francese. Anche qui l’obiettivo è favorire una virata moderata”.
Virate moderate in Libano e Siria utilizzabili in chiave anti iraniana?
“Esatto. L’Iran è indebolito rispetto a un anno fa, ha perso un partner come la Siria che, oggi, ha posto fine al corridoio filoiraniano che partiva dalle sue terre e arrivava al Mediterraneo. Hezbollah è stato ridimensionato e il Libano sta uscendo da quello stallo politico in cui era sprofondato da ormai 4 anni”.
Quale è stato il ruolo degli Stati Uniti?
“L’accordo è spinto dal Qatar e dagli Stati Uniti d’America. Biden voleva dare un segnale positivo rispetto alla sua politica estera tacciata di debolezza raggiungendo un nuovo risultato, dopo aver lavorato con la Francia al cessate il fuoco in Libano”.
Anche Trump si è intestato l’accordo...
“Nulla di così imprevedibile a dire il vero. Trump sta cercando di dimostrare che la sua elezione sta già avendo effetto e che con lui gli Stati Uniti torneranno a essere forti anche nel quadrante mediorientale. Sicuramente l’accordo non sarebbe stato raggiunto senza l’avvallo della nuova amministrazione. Tuttavia, quello che abbiamo osservato è il frutto di una positiva collaborazione tra coloro che lasciano e coloro che entrano alla Casa Bianca”.