Martedì 5 Novembre 2024
BEPPE BONI
Esteri

La grande fuga da Beirut: l’ombra della guerra con Israele e il coprifuoco della paura

Continuano ad alternarsi le minacce di attacchi dell’Iran e di Hezbollah con relative risposte sullo stesso tono di Tel Aviv. Cosa sta succedendo ai 4mila italiani presenti in Libano

Roma, 7 agosto 2024 – La grande fuga da Beirut, che non è fattibile per tutti, è cominciata da giorni. All’aeroporto dove i voli si sono rarefatti, regna un indefinibile caos di passeggeri, valigie, zaini, lunghe file ai banchi del check in e alle biglietterie, come non si vedeva dai giorni della guerra del 2006. Si respirano agitazione e grande tensione.

La grande fuga da Beirut è cominciata da giorni: la città vive nell'incubo degli attacchi
La grande fuga da Beirut è cominciata da giorni: la città vive nell'incubo degli attacchi

Molte compagnie aeree, tra cui le tedesche Lufthansa e Air France, hanno sospeso i loro voli per Beirut creando disagio ai passeggeri che dovevano rientrare nei loro rispettivi Paesi. Wizz air ha annunciato che interromperà i voli per Tel Aviv e Giordania. Gli aerei che arrivano, scarsi di passeggeri, di fatto atterrano più che altro per imbarcare chi vuole fuggire, mentre continuano ad alternarsi le minacce di attacchi dell’Iran e di Hezbollah con relative risposte sullo stesso tono di Tel Aviv, che da giorni, fra l’altro, mostra i muscoli mandando propri aerei da caccia a sorvolare il cielo sopra Beirut, azzurro e cupo nello stesso tempo. Chi può scappa, via i libanesi con doppio passaporto, se ne va chi ha parenti all’estero e disponibilità per saltare su voli che pure hanno aumentato i prezzi.

La parola escalation con la paura che Israele attacchi o si difenda pesantemente da Hezbollah, sta cambiando il volto della città. Adesso anche le famiglie del personale dell’Unifil che ancora si trovano in Libano devono lasciare il Paese. Lo ha chiesto specificamente l’Onu, ribadendo un ordine già diffuso lo scorso maggio quando ancora la situazione era meno tesa. Lo ha riferito all’Ansa Andrea Tenenti, portavoce dell’Unifil, il contingente dell’Onu formato da circa 10mila soldati, di cui oltre 1.200 italiani, precisando che da allora, con l’aumento della tensione al confine tra Libano e Israele, la missione era diventata una ‘non family duty station’, ovvero il personale non poteva più avere le famiglie al seguito.

"Molte famiglie sono pertanto partite, anche se alcune erano comunque rimaste a Beirut, dove allora la situazione era più tranquilla. Ora la nuova disposizione riguarda anche loro”. Andrea Tenenti, manager delle Nazioni Unite, sempre molto attento a non alimentare il fuoco, precisa che “si tratta di una misura temporanea, almeno fino a fine agosto e non si può parlare di evacuazione, ma piuttosto che ricollocamento”. Sarà anche vero, ma la decisione conferma che da queste parti c’è uno scenario ad alta tensione. Già alcuni giorni fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva lanciato un appello ai circa 4mila connazionali presenti: “Visto l’aggravarsi della situazione, invitiamo coloro che soggiornano temporaneamente in Libano a non recarsi assolutamente nel Sud del Paese ed a rientrare in Italia con voli commerciali il più presto possibile. Invitiamo altresì i turisti italiani a non recarsi in Libano”.

Messaggio che non lascia spazio ad equivoci, anche se nelle ultime 48 ore la mediazione americana parrebbe aver ammorbidito la possibile reazione iraniana di scatenare la vendetta su Israele. Si spera, ma non ci sono certezze. Il ministro Tajani ha poi aggiornato la situazione: “Gli italiani in Libano sono circa 4.000, in gran parte hanno doppio passaporto e sono residenti: 300-350 non sono stanziali, sono lì per lavoro o per altre ragioni e qualcuno è rientrato con voli di linea, si tratta di qualche decina di persone”. Il vicepremier ha pronunciato queste parole a Morning News su Canale 5, ribadendo l’appello a “non recarsi nel sud” e ad “usare la massima prudenza”, sottolineando che “chi può rientrare è meglio che lo faccia. La nostra ambasciata a Beirut e l’Unità di crisi della Farnesina lavorano 24 ore su 24 per fornire le informazioni necessarie ai nostri connazionali che avessero bisogno”.

La Farnesina ha intanto messo a disposizione il numero di telefono dell’Unità di crisi per chi ha necessità di informazioni: +390636225. In ogni caso anche Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Spagna, Arabia Saudita e altri hanno lanciato lo stesso avvertimento ai propri concittadini: chi può se ne vada e chi resta eviti di andare al sud dove si incrociano bombe e razzi di Hezbollah e Israele sulle teste dei militari Unifil. A Beirut, città abituata agli eventi bellici, i cittadini cercano di vivere una vita normale anche se con le orecchie tese verso il sibilo di possibili razzi in arrivo. Pub e ristoranti restano aperti pur con i tavoli sempre più vuoti, chi può fa le valigie e lascia soprattutto il quartiere sciita Dahie, a sud di Beirut, già colpito dall’ira funesta di Tel Aviv nel 2006 e dove Hezbollah ha radici solide, uomini, armi, mezzi economici.

Se Israele scatena l’inferno, la porta d’ingresso è proprio questa. Il volto del Libano è trasformato dalla preoccupazione di una nuova guerra dopo l’eliminazione mirata di Israele contro Ismail Haniye a Teheran e Fuad Shukr proprio nella capitale del Paese dei cedri. Quando cala la sera a Beirut scatta un coprifuoco non proclamato dalle autorità, ma dalla paura della gente.