Parigi, 5 maggio 2023 – E il Trattato del Quirinale, quel patto di amicizia fra le "sorelle latine", quell’Italia e quella Francia che hanno bisogno l’una dell’altra e non fanno che litigare?
Ancora una volta è andato in fumo: accuse reciproche, appuntamenti annullati, sospetti e malintesi… fino alla prossima riappacificazione, che prima o poi dovrà pur esserci. Il casus belli è sempre lo stesso: l’immigrazione e i suoi fantasmi. Un problema che l’Europa - Francia compresa - non sa come affrontare. Ma allora, perché il ministro degli Interni francese Darmanin se la prende con l’Italia? Cosa si nasconde dietro questo attacco gratuito e immotivato? Il governo italiano, ha detto, "non è in grado di risolvere i problemi migratori". Spiace dirlo, ma se c’è un paese che dà prova d’incapacità in questo campo, è proprio la Francia.
Ma vediamo il retroscena: Macron, si sa, non ama la Meloni, non si fida di lei. A sua volta la Meloni non ha perso occasione per mostrare diffidenza nei confronti di Macron, come già prima di lei fece Berlusconi con Sarkozy. L’approssimarsi delle elezioni europee, l’anno prossimo, accentua le tensioni: per il presidente francese, in calo di consensi in patria, Giorgia Meloni rappresenta un pericolo. È alleata di Orban e soprattutto di Marine Le Pen, l’unica che guadagna voti in Francia in questa fase di post-contestazioni.
Il clima è ancora acceso a Parigi, i nemici della riforma pensionistica non hanno deposto le armi, la rabbia sociale cresce di pari passo con l’aumento dell’inflazione e della crisi economica: è chiaro che un vistoso successo elettorale Le Pen/Meloni decreterebbe la sconfitta e il declino di Macron. Lui lo sa e non passa giorno senza che sproni i suoi affinché riconquistino i contatti con la base popolare. È una questione vitale di tenuta politica e d’immagine.
Il tentativo di Macron è sedurre quella parte dei Républicains che, pur essendo di destra, non simpatizzano con la Le Pen: evocare lo spettro dei migranti scaricando sugli altri - l’Italia in questo caso - tutte le colpe, può essere politicamente vantaggioso… Possono spiegarsi in questa ottica i segni di ostilità manifestati recentemente da Parigi: ricordiamo la "guerriglia" diplomatica scatenata contro il nostro governo a proposito dell’affare Ocean Viking, nell’ottobre scorso; poi, in febbraio, il famoso sgarbo della "cena a tre" all’Eliseo cui Macron invitò il presidente ucraino Zelensky e il cancelliere tedesco Scholz, ma non la Meloni. C’è poi, collegato con il problema politico generale, quello "particolare" rappresentato da Gérald Darmanin: il ministro degli Interni vorrebbe prendere il posto di Elisabeth Borne a Matignon. Macron ha rifilato a lui la patata bollente della lotta all’immigrazione clandestina, ma l’unica misura finora presa è quella di dislocare 150 gendarmi e poliziotti supplementari alla frontiera di Ventimiglia "sommersa da ondate di transfughi" (poche centinaia di disperati in realtà, un’inezia di fronte alle decine di migliaia che continuano a sbarcare sulle coste italiane).
Tallonato dal presidente dei Républicains Eric Ciotti, che è anche deputato delle Alpi Marittime e non vuole migranti in casa, Darmanin mette le mani avanti: la colpa non è sua, ma dell’Italia che non sa fare il suo mestiere… Chiaro, no?