Mercoledì 5 Febbraio 2025
GIOVANNI SERAFINI
Esteri

Francia, passa la sfiducia al premier Barnier. Ora Macron è sempre più isolato

L’esecutivo è durato 93 giorni affossato dal voto contrario di tutta l’opposizione da Le Pen alla sinistra radicale. Melenchon chiede le dimissioni del capo dell’Eliseo. La replica: fantapolitica, subito un nuovo primo ministro.

Michel Barnier, 73 anni, è stato alla guida del governo d’Oltralpe per 93 giorni

Michel Barnier, 73 anni, è stato alla guida del governo d’Oltralpe per 93 giorni

Michel Barnier, l’uomo che "non aveva chiesto niente", il gollista che dopo i negoziati della Brexit era approdato a Matignon il 5 settembre scorso, da ieri sera è un leader fuori gioco. Ha retto il timone per 93 giorni, il periodo più breve mai registrato per un capo del governo in Francia. Due mozioni di censura, presentate da un plotone d’esecuzione formato da 361 deputati (di estrema destra e di estrema sinistra, con in più una sessantina di socialisti), lo hanno abbattuto insieme con i suoi ministri. L’ampio numero dei voti di censura, 63 in più di quelli necessari, rivela la gravità della situazione. L’Assemblea nazionale francese ha fatto così cadere il governo in un gesto senza precedenti dal 1962, che precipita il Paese in un periodo di forti incertezze politiche e finanziarie, sei mesi dopo le elezioni anticipate.

L’ultra-gauche continua a chiedere a gran voce e con ferocia le dimissioni di Macron. Idem, anche se con toni meno roboanti, da parte di Marine Le Pen. E questo è il problema più vistoso: la ’complicità’ di avversari che votano nello stesso modo dà la prova di quanto il paese sia confuso, sbandato, privo di riferimenti. La Francia deve affrontare adesso, proprio in un momento di gravi crisi internazionali, una navigazione al buio, difficilissima, pericolosa, ansiogena per tutti. "Il momento della verità è arrivato. Avete nelle vostre mani il destino della Francia", aveva detto ieri Barnier, prima del voto, in un discorso che sapeva già di addio

È stata una giornata piena di tensioni, di riunioni convulse, di tentativi inutili visto che il copione era già stato scritto da Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, paradossalmente alleati. Speravano entrambi, una volta azzoppato Barnier, di obbligare Macron alle dimissioni. Speranza frustrata da Macron: "Fantapolitica", ha commentato dall’Arabia Saudita, dov’era in visita ufficiale. Il clou della ’giornata storica’ è stato vissuto fra le 16 e le 20: quattro ore in cui sono state discusse e votate le mozioni di censura.

L’aula era gremita, giornalisti e telecamere di tutto il mondo. Vestita in tailleur blu, Marine Le Pen si è sentita criticare aspramente perfino da Laurent Wauquiez, capo della Droite Républicaine: "Avete deciso di votare, Madame, insieme con gli estremisti della gauche che esaltano i terroristi. La Francia vi giudicherà per la crisi economica, sociale ed istituzionale che la vostra scelta potrebbe provocare". Replica di Marine, sorridente, imperturbabile: "È in seno al governo Barnier che si annidano l’intransigenza, il settarismo e il dogmatismo. Non votare la censura sarebbe adottare la politica del peggio. Questo governo deve andarsene. Quanto a Macron, sta alla sua coscienza decidere se sacrificare al suo orgoglio il destino della Francia". Parole dure, in sintonia con quelle dei rappresentanti del Fronte Popolare. L’ultrà della gauche Eric Coquerel ha tuonato: "Il governo di Barnier arriva al capolinea con un bilancio fallimentare, ma il vero responsabile è Emmanuel Macron".

Cosa succederà adesso? Il presidente darà l’incarico a un nuovo leader: un uomo politico o un tecnico di altissimo livello (tipo il presidente della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau). Fra i nomi ricorrenti, quelli di François Baroin, François Bayrou, Sébastien Lecornou. Sindaco di Troyes ed ex ministro, Baroin viene dalla destra repubblicana e non è inviso al Rassemblement National. Anche François Bayrou, centrista del MoDem, ha buoni rapporti con Marine Le Pen.

Macron, detto ’la Sfinge’, è tornato all’Eliseo, chiuso nel silenzio: si sa solo che vuole far presto e annunciare il nome del nuovo premier forse già oggi o domani, un giorno prima dell’inaugurazione solenne di Notre-Dame.