Parigi, 6 dicembre 2024 – “La Francia si sta italianizzando. Aveva una grande stabilità politica garantita dalle norme costituzionali, e la sta perdendo. Come in Italia, la disaffezione del corpo elettorale francese nei confronti della politica è sempre più violenta. Voi siete i maestri nella difficile arte del compromesso, ma noi stiamo imparando in fretta”. Il geo-politologo Dominique Moisi sorride: “Il governo Barnier è durato tre mesi, mentre da voi Giorgia Meloni governa da due anni ed è ancora molto popolare”. Moisi non lo dice ma lo lascia capire: benché Macron non ami la premier italiana, non gli dispiacerebbe che alla guida del suo governo ci fosse un leader con la forza di Meloni, capace d’imporsi agli alleati e agli avversari.
Moisi, è un momento molto difficile per la Francia. Cosa sta succedendo? La democrazia è in crisi?
“È un momento difficile per tutti in questo mondo colpito da esplosioni di violenze, guerre, terremoti fisici e politici. Parafrasando il titolo di un film di Almodovar, potremmo dire che il mondo è sull’orlo di una crisi di nervi. La Francia assiste spaventata alle sue progressive disfunzioni, ma ha ancora il ricordo della democrazia e non penso proprio che voglia rinunciarci”.
Questo vale anche per l’Italia.
“Sicuramente, ma ci sono delle differenze. La Francia ha una solidità istituzionale e una struttura dello Stato che è più forte che da voi. Per questo l’episodio incredibile della censura votata contro Barnier da ultradestra e ultrasinistra insieme non rappresenta un pericolo gravissimo, insormontabile, un salto nell’ignoto come hanno scritto tanti giornali. Detto questo, è preoccupante la presenza di frange di rivolta che periodicamente riemergono, la rabbia delle forze antisistema che generano i gilet gialli, i no-Tav, le violenze degli autonomi, e via dicendo. È il trionfo insano della collera, dell’uno-vale-uno, del risentimento assurdo nei confronti delle élites”.
Parliamo di Marine Le Pen. Potrebbe crescere ancora? Prendere il potere? La diga repubblicana sta per cedere?
“Oggi ancora no. Le Pen ha cambiato bruscamente una strategia che sembrava vincente. Ha fatto di tutto per sdoganare il suo partito, renderlo presentabile, equilibrato, pronto a governare. Ma poi, nel momento in cui ha sentito sul collo il fiato dei giudici, si è buttata allo sbaraglio. Rischia di essere condannata a 5 anni di carcere e di ineleggibilità nella primavera prossima. Sta giocando il tutto per tutto. Se Macron si dimette e si apre la porta delle presidenziali anticipate, lei è pronta a scattare verso la salvezza. Ecco perché è tornata ad essere la leader di un partito di opposizione: una posizione che la indebolisce perché se le va male il suo elettorato le chiederà di saldare il conto”.
Qual è oggi il vero pericolo per la Francia?
“La mancanza di visibilità politica. Tutto si è fermato. Gli investitori si allontanano da Paesi che non danno garanzie di solidità. I nostri industriali sono furibondi, non possono fare progetti perché non sanno cosa accadrà domani. Gli aiuti che la legge di bilancio Barnier prometteva agli agricoltori, alla scuola, alla Sanità, sono volati nel niente. La Francia, che ha sulla schiena un debito pubblico gigantesco, non aveva bisogno di vivere questa paralisi, per di più in un momento di crisi mondiale. Non abbiamo mai avuto tanto bisogno di Europa”.
Quale Europa se i due Paesi maggiori, Francia e Italia, sono in gravi difficoltà? L’Europa dei Paesi del Sud? L’Italia e la Spagna?
“Forse. Di certo oggi Italia e Spagna contano di più. Si può andare avanti, trovare nuove strade. A condizione che sia sventato il pericolo in agguato dietro l’angolo: il declino del mondo occidentale e la crisi della democrazia”.