Roma, 2 dicembre 2024 – Sono passati quasi tre mesi da quando Michel Barnier ha accettato la carica di primo ministro, promettendo di “dire la verità” ai francesi. Finalmente quel momento è arrivato: “Credo che siamo giunti ormai ad un momento di verità che pone ognuno di fronte alle proprie responsabilità. Ora tocca a voi, deputati, parlamentari della nazione, decidere se il nostro paese si dota di testi finanziari responsabili, indispensabili e utili ai nostri concittadini, oppure se entriamo in territorio sconosciuto”, ha dichiarato il premier in Parlamento lunedì 2 dicembre 2024, prima di tirare in ballo l’articolo 49 comma 3 della costituzione francese, ponendo la questione della fiducia nel suo governo.
Immediata la reazione del Nouveau Front populaire, l’alleanza di socialisti, ecologisti, comunisti e insoumis: 185 deputati hanno presentato una mozione di sfiducia, superando ampiamente il minimo del 10% dei membri della camera, necessari per ingaggiare il voto entro le 48 ore. La capogruppo del Rassemblement national Marine Le Pen, dopo aver agitato negli ultimi giorni lo spettro della sfiducia, ha confermato che i suoi deputati voteranno la proposta dalla sinistra. Qualche ora dopo, il suo gruppo insieme all’alleato Eric Ciotti, ha deposto una propria mozione, denunciando una legge “ingiusta”: “la legge di bilancio [del governo] non risponde alla crisi del potere d’acquisto che tocca i nostri compatrioti da mesi, non propone nessun risparmio strutturale, in particolare riguardo al rinnovo della politica migratoria e non offre nessuna misura di giustizia fiscale”.
La fine prematura di un governo fragile
Il governo di Michel Barnier, sostenuto dalle stampelle della destra repubblicana e del centro macronista, ma sorretto dalla terza gamba più o meno invisibile del Rassemblement national rischia quindi di cadere entro giovedì, alla vigilia del viaggio previsto dal premier francese a Roma. La somma dei deputati della coalizione di sinistra e dell’estrema destra supera infatti ampiamente la soglia della maggioranza assoluta di 249 parlamentari, necessari per approvare la sfiducia.
Senza governo e nell’impossibilità di indire nuove elezioni legislative entro luglio del 2025, il paese si ritrova per la prima volta in “territorio sconosciuto”, come ha detto lo stesso Michel Barnier in Parlamento. Sebbene nella storia della Quinta Repubblica esista un precedente, quello del 4 ottobre 1962 contro il governo dell’allora premier Georges Pompidou, poi riconfermato da Charles De Gaulle, non è mai successo a ridosso del voto per la legge di bilancio.
I mercati hanno già risposto mostrando i primi segnali di inquietudine: lo spread coi titoli del vicino tedesco, anche lui nel pieno di una crisi di governo, è salito di 0,88 punti, ai livelli del 2012. Senza un nuovo governo entro fine dicembre e quindi una legge di bilancio presentata in extremis, il governo in carica può promulgare una legge speciale per rinnovare il budget dell’anno scorso, in modo da finanziare i servizi pubblici, versare le pensioni e gli stipendi dei funzionari di Stato. Nel caso in cui anche questa legge venisse bocciata, rimarrebbero solo due opzioni: uno shutdown all’americana, con conseguenze sconosciute, o il ricorso all’articolo 16 della Costituzione, che garantisce al presidente Emmanuel Macron il potere di evitare il voto parlamentare sui testi di bilancio, ancora un passo verso la crisi istituzionale che tormenta la Francia da quest’estate.