Mercoledì 8 Gennaio 2025
DANIEL PEYRONEL
Esteri

Francia, come uscire dalla crisi. "L'Assemblea nazionale non è popolata da 577 anarchici"

Benjamin Morel è un costituzionalista francese, docente di Diritto all’Università Paris Panthéon-Assas e autore del libro ‘Le Parlement, temple de la République de 1789 à nos jours’, pubblicato da Passés/Composés

La Francia si trova ormai in ‘territorio sconosciuto’, secondo le parole dell’ex premier Michel Barnier?

“Non è la prima volta che si arriva alla fine dell’anno senza bilancio. È già successo nel 1962 e nel 1979. La differenza è che nel 1962 seguirono subito delle elezioni legislative che portarono a una maggioranza chiara. Oggi, invece, manca sia un bilancio che una maggioranza: questo è inedito. Ma inedito non significa drammatico. Situazioni simili accadono regolarmente in altri paesi europei”.

Oggi il paese è meno stabile?

"L'Assemblea nazionale non è popolata da 577 anarchici. C’è ancora tempo per far approvare la manovra: con un voto, per decreto o con una legge speciale. Questa legge speciale consente al governo di riscuotere le imposte e a finanziare i servizi pubblici. Il Rassemblement national ha detto che voterebbe la legge speciale, la sinistra pure, forse con un dubbio sulla France Insoumise. Non si tratta comunque di una bacchetta magica. Non abbiamo precedenti nell'uso di questa legge, siamo nell’improvvisazione completa”.

Benjamin Morel, costituzionalista francese (Afp)
Benjamin Morel, costituzionalista francese (Afp)

Il rischio di un ‘shutdown’ è reale?

"Vi immaginate il Consiglio Costituzionale e Laurent Fabius [il presidente, ndlr] nel suo ufficio dire: ‘Farò scattare uno shutdown perché non sono davvero d'accordo con la legge speciale?’ No, nessun giudice farebbe una cosa del genere. È sempre il Parlamento a decidere”.

È una crisi più politica che istituzionale?

"La crisi innanzitutto politica. Più del 50% del nostro emiciclo è parte dell’opposizione e c'è una tripartizione della vita politica. Prendete esattamente la stessa configurazione parlamentare e mettetela in Italia, in Spagna, in Germania non se la caverebbero meglio. L'esempio che cito abbastanza spesso è il 1956. Siamo alla fine della Quarta Repubblica: il 25% dei comunisti siedono all'Assemblea nazionale. Non si può scendere a patti con loro perché siamo nel pieno della Guerra Fredda. C'è anche un 8% di Poujadistes, un gruppo definito di estrema destra, soprattutto antifiscale. Oggi abbiamo il 25% di Rassemblement National e il 12,5% di Insoumis. È esattamente la stessa proporzione”.

Qual è quindi la soluzione?

“O seguiamo l'esempio di altri paesi europei, come l'Italia, dove le frontiere tra destra e estrema destra si confondono, soprattutto perché è necessario per governare, per garantire la stabilità. Oppure facciamo in modo di risolvere le questioni care a La France insoumise e il RN, per impedire loro di continuare a crescere. Ma una grande coalizione centrale, quel Fronte repubblicano, che andrebbe dal Partito socialista alla destra repubblicana, è complicato per ragioni elettorali. Marine Le Pen ne approfitterebbe per dire: ‘Guardate Laurent Wauquiez [capogruppo della destra repubblicana in parlamento], quello che voleva incarnare la destra nel 2027, fa alleanza con la sinistra’. E dall'altro lato, Jean-Luc Mélenchon: ‘I socialisti, sono davvero dei traditori. Avevano la possibilità di formare un governo di sinistra, ma preferiscono tendere la mano ai LR e ai macronisti’. Questa tripartizione porta all'instabilità cronica".

Non sarebbe meglio un governo tecnico ora e poi lo scrutinio proporzionale alle prossime elezioni?

“I politici francesi non vogliono sentire parlare di governo tecnico. Un luogo comune abbastanza diffuso dice: ‘Non c'è soluzione tecnica a un problema politico’. La proporzionale potrebbe aiutare a semplificare la situazione. I gruppi politici sarebbero più liberi, ma avremmo sempre questi tre blocchi. Blocchi che sono destinati a parlarsi, ma che sono compartimenti stagni. Un sondaggio di YouGov, pubblicato prima delle elezioni legislative di luglio, mostrava che il 47% dei francesi era pronto a votare contro il Nouveau Front populaire, il 44% contro Emmanuel Macron e il 41% contro il RN. Tutti sono favorevoli a una grande unione nazionale, ma non con quelli che non piacciono".