Parigi, 6 marzo 2025 – Yannick Pincé è esperto della dottrina nucleare francese al Centre interdisciplinaire sur les enjeux stratégiques (CIENS) all’Ecole Normale Supérieure (ENS-PSL) e docente di storia. Professore, in cosa consiste la dottrina nucleare francese?
“La dottrina nucleare francese consiste nel ricorrere alla deterrenza nucleare non appena gli interessi vitali del Paese sono minacciati. Quali siano esattamente questi interessi vitali è volutamente vago. Non bisogna rivelare all’avversario le linee da non oltrepassare: sarebbe un invito a farlo”.

Com'è organizzata questa forza?
“La Francia dispone di 4 SNLE, sottomarini nucleari lanciamissili balistici, ciascuno equipaggiato con 16 missili dotati di un massimo di 10 testate nucleari. Sono armi molto potenti, circa 7 volte la bomba di Hiroshima. C’è sempre un sottomarino in mare, ma in caso di crisi si possono schierare anche gli altri. Oltre a questo, ci sono i Rafale, cioè i caccia che trasportano missili a medio raggio, chiamati ASMP (Air-Sol Moyenne Portée). Queste armi, lanciate dall'aereo, hanno una gittata di 300 chilometri. E ci sono anche i Rafale imbarcati sulla portaerei Charles de Gaulle, capaci di trasportare armi nucleari. La decisione di utilizzo spetta esclusivamente al Presidente della Repubblica, decisa insieme al suo capo di stato maggiore e pochi ministri coinvolti”.
Quali sono le differenze rispetto alle grandi potenze nucleari, Russia e Stati Uniti in primis?
“La Francia possiede 290 testate nucleari, la Russia e gli Stati Uniti ne hanno più di 5.000. Questa differenza si spiega molto semplicemente con la dottrina della stricte suffisance, secondo cui la Francia ha bisogno delle armi nucleari sufficienti a infliggere danni tali da rendere un attacco contro di essa inconveniente. L'idea, riprendendo un’espressione di De Gaulle, è di avere la capacità di ‘strappare un braccio’ a un avversario per dissuaderlo dall’attaccare”.
Cosa potrebbe cambiare oggi, dopo l’apertura di Emmanuel Macron all’idea di un ombrello nucleare francese per il resto dell’Europa?
“Emmanuel Macron ha ribadito la linea politica seguita sin dai tempi di De Gaulle: la decisione sull’uso delle armi nucleari rimarrebbe esclusivamente francese, così come la sua proprietà, il suo controllo e la sua gestione. Tuttavia, è sempre esistita una dimensione europea implicita. Il ragionamento è: se i nostri alleati venissero invasi, anche la nostra sovranità sarebbe minacciata. Ciò che sta cambiando oggi è il dibattito sulla definizione degli interessi vitali della Francia".
Riguardano solo il territorio francese o si estendono all’Europa?
"Durante la Guerra Fredda, la questione era meno ambigua: i confini degli alleati europei erano segnati dalla Cortina di Ferro, tra le due Germanie. Se l’Armata Rossa avesse attraversato la Germania Ovest si sarebbe diretta inevitabilmente verso la Francia. Oggi, invece, gli interessi vitali della Francia potrebbero includere Paesi situati a 2.000 km di distanza. La questione che questa estensione di garanzia solleva è la stricte suffisance, finora calibrata per la difesa del solo territorio nazionale. Se la deterrenza francese dovesse coprire l’intera Europa, occorrerebbe rivedere il numero e il tipo di testate disponibili e la possibilità di dispiegare armi nucleari francesi nei paesi alleati, un’ipotesi che alcuni partner, come Danimarca e Polonia, hanno accolto positivamente”.
Qual è la credibilità della deterrenza francese agli occhi della Russia?
"Mosca potrebbe ritenere che la Francia non sia disposta a rischiare Parigi per difendere Tallinn o Varsavia. Questo dubbio potrebbe compromettere l’efficacia dell’ombrello francese”.