
Von der Leyen: siamo in pericolo. Zelensky: "Grazie per l’aiuto". .
I 27 votano all’unanimità il riarmo dell’Unione europea progettato dalla commissaria Ursula von der Leyen per investimenti "fino a 800 miliardi di euro", mentre l’Ungheria – da sempre pro Russia – si mette di traverso sul sostegno all’Ucraina. La dichiarazione a 26 che prevede garanzie per Kiev e il rispetto della sua integrità e sovranità territoriale diventa così lo strumento politico per accompagnare Kiev al tavolo negoziale con Mosca nelle migliori condizioni, dopo l’aut aut degli Stati Uniti che di fatto rafforza la Russia. Ma questo ormai è lo schema di gioco con il quale misurarsi, come ben sa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, invitato e grato.
L’accordo trovato dalla totalità dei Paesi Ue sul piano ReArm scrive "la prima pagina del libro della difesa comune europea", spiega un alto funzionario subito dopo la fine dei lavori, affrontati dai leader in segretissimo conclave senza assistenti né cellulari. Mancano ancora i dettagli, ma i tratti salienti saranno questi: "spazio fiscale per le spese di difesa"; emissione di obbligazioni Ue (per prestiti a tassi bassi e a scadenza lunga) per raccogliere fino a 150 miliardi di euro dai mercati; possibilità di spese militari anche utilizzando i fondi di coesione ancora disponibili (350 miliardi di euro complessivi che ogni Paese, pro quota, potrà decidere di dirottare sulla nuova emergenza). La Germania intende chiedere di più: lo scomputo delle spese militari per dieci anni. L’Italia ritiene invece che la revisione del Patto di stabilità sia lo strumento più idoneo a garantire risultati. E nel frattempo Giorgia Meloni continua a sperare nel vertice Usa-Ue per ora respinto da Donald Trump.
"L’Europa affronta un pericolo chiaro, dobbiamo essere in grado di proteggerci", esulta von der Leyen, mentre Zelensky rilancia le ragioni dell’Ucraina aggredita: "Sentiamo la vostra vicinanza, siamo contenti di non essere soli". "La migliore garanzia di sicurezza dell’Ucraina è l’esercito ucraino e ora lo strumento da 150 miliardi darà un contributo al suo sostegno perché una sua quota andrà all’Ucraina", annuisce von der Leyen. Il sostegno in arrivo dovrebbe ammontare a 30 miliardi, perché "gli ucraini vogliono davvero la pace, ma non a costo di rinunciare all’Ucraina", spiega Zelensky (cacciato dalla Casa Bianca). La lite con Trump risale a venerdì scorso, ma sembra già lontana. Le dinamiche internazionali sono difatti in accelerazione. Lunedì il presidente ucraino è annunciato in Arabia per un bilaterale con il principe Mohammad Bin Salman, cui dovrebbe seguire martedì – come anticipa Fox News – il primo incontro tecnico finalizzato al cessate-il-fuoco tra la delegazione ucraina guidata dal consigliere presidenziale Andriy Yermak e quella statunitense composta dal segretario di Stato Marco Rubio, dal consigliere per la Sicurezza Michael Waltz e dall’inviato Steve Witkoff.
Contemporaneamente, l’Europa farà sentire la sua voce al vertice dei Volenterosi ufficializzato da Zelensky e dal presidente francese Emmanuel Macron sempre per martedì, a livello di stati maggiori della Difesa. Secondo l’ufficio del premier britannico Keir Starmer, che sta coordinando i contatti, sono già 20 i Paesi aderenti alla Nato (incluse Turchia e Norvegia), alla Ue o al Commonwealth disponibili a maggiori sforzi per garantire una sicurezza credibile a Kiev. Ma qualsiasi soluzione di peacekeeping a trazione europea alla Russia non piace: sarebbe "apertamente ostile", dichiara il capo della diplomazia russa Sergei Lavrov. "La Russia rappresenta nel lungo periodo una minaccia esistenziale per tutti gli europei", tira dritto Macron. A nome della Francia, e non solo.