
Un rapporto del Seae rivela che l'Unione Europea è sotto attacco con logiche di guerra non lineare (Ansa)
Roma, 18 marzo 2025 – L’Unione europea è già sotto attacco, anche se non se ne rende conto. A dirlo è un rapporto pubblicato dal Seae, il Servizio europeo per l’azione esterna, che analizza i trend della disinformazione estera e c’è poco da stare tranquilli. Russia e Cina si sono infatti alleate per colpire il Vecchio Continente con logiche di guerra non lineare. La loro testa d’ariete? I social, soprattutto X. Ci sarebbero almeno 2055 canali che hanno come loro obiettivo mettere in cattiva luce la Ue. A gestirli sono servizi segreti, piattaforme che vengono gestite indirettamente dai due governi, soggetti apparentemente indipendenti, ma che sostengono, se non sono addirittura a libro paga, il progetto di attaccare l’Unione nella sua credibilità. "Si tratta di una tendenza pericolosa – spiega al QN Franz Russo, esperto di comunicazione digitale – considerato anche il momento delicato dal punto di vista geopolitico. L’obiettivo è quello di annullare la presenza della Ue in qualsiasi contesto. È come se fosse diventata una terra di nessuno da conquistare dall’una o dall’altra parte. Ma la Ue ha le sue responsabilità. In questi anni non ha saputo introdurre una legittima protezione dal punto di vista dell’infrastruttura tecnologica in grado di competere ad armi pari con Cina e Stati Uniti".
Come da prassi della guerra non lineare, pur di colpire il nemico, ci si attacca a tutto. Fra il novembre 2023 e il novembre 2024 i temi su cui russi e cinesi hanno battuto maggiormente sono stati la guerra in Ucraina, la situazione politica in Francia, le Olimpiadi e le elezioni europee. Per disinformare, Russia e Cina operano su tre livelli. Il primo è composto da canali ufficiali come le ambasciate (soprattutto quelle russe), il ministero degli Esteri, i servizi segreti e i media statali. Qui, Mosca la fa da padrona, visto che dispone di una vera e propria corazzata di media satelliti del governo, ufficialmente vietati sul territorio Ue, ma ancora ampiamente diffusi grazie ai social network e alla possibilità di aggirare i blocchi con elementari accorgimenti informatici. Il secondo livello è dato da account che non hanno il cappello ufficiale di propagandisti, ma operano sotto una chiara direzione. Infine, ci sono i ‘soggetti non allineati’, ma evidentemente in sintonia, che operano sui social. Interessante notare come la disinformazione sia targettizzata a seconda della fascia sociale e del Paese in cui opera e come il terreno più fertile per queste operazioni di guerra non lineare sia X, di proprietà di Elon Musk, dove si è concentrato l’88% delle attività. "La verità – spiega ancora Russo – è che siamo in balia degli algoritmi. Una volta venivano delineati per cercare di aiutare gli utenti a frequentare le piattaforme in base ai loro interessi. Adesso sono diventati strumenti di influenza del pensiero". Le leggi ci sono, ma non è facile farle applicare. Per prima cosa, bisogna fare i conti con la riluttanza delle piattaforme, per le quali un maggior numero di interazioni, e le più redditizie sono quelle polemiche, equivale a maggiori ricavi. C’è poi da considerare il fatto che i big player del settore sono americani. Il ché equivale a nuovi motivi di contrapposizione con il presidente Trump.