Roma 26 aprile 2024 – “Ha ragione Macron nel dire che l’Europa come soggetto politico autonomo può morire. Può morire di consunzione, di immobilità a fronte delle minacce esiziali che vengono dalla Russia, dalla Cina, potenzialmente da una presidenza Trump, da chi vuole dividere gli europei e minare l’Unione. Per questo servono regole istituzionali diverse, perché per rispondere alle sfide in atto e a quelle che verranno a breve, occorre poter prendere delle decisioni e farlo rapidamente, e oggi troppo spesso l’Europa è paralizzata dal conflitto tra i Paesi membri". Così il professor Eric Jones, politologo americano, direttore del Robert Schuman Centre for Advanced Studies all’European University Institute di Fiesole.
Professor Jones, è solo Macron a lanciare l’allarme oppure è convinzione comune che l’Europa, per dirla con Hemingway, senta “suonare la campana“?
"Sono appena tornato da Bruxelles e il mood lì è che stiamo vivendo una crisi esistenziale dell’Europa e che per fronteggiarla serva un vero, autentico scatto di reni. Ne ha parlato Macron, ma anche Enrico Letta nel suo recente rapporto e Mario Draghi, lo abbiamo visto in questi anni e lo vedremo presto nel suo rapporto sulla competitività dell’Unione, pensano la stessa cosa. Serve una riforma che vada oltre le cosiddette “clausole passarella“ previste dal trattato di Lisbona, che hanno introdotto sì una qualche flessibilità evitando la regola l’unanimità, ma solo se esiste una unanimità nell’attivare questo meccanismo. È ancora troppo poco".
Ma ci sono le condizioni per arrivare a un progetto di riforma istituzionale dell’Europa?
"In prospettiva è possibile, solo in prospettiva. Ora bisognerà procedere con gradualità. Il primo passo sarebbe trovare l’accordo per creare eurobond per garantire a livello europeo una parte del debito pubblico e investire sulla Difesa europea, che darebbe sicurezza all’intero continente e richiede risorse continentali. Le riforme istituzionali, che ritengo siano inevitabili, avverranno in una seconda fase, se sapremo creare le condizioni giuste".
Quella che viene dalla Russia è una minaccia fondamentale per l’Europa?
"Lo è sicuramente, e non solo a livello militare. Putin rema sistematicamente contro l’Europa, cerca ogni modo per disgregarla. E purtroppo è un fatto che che ci sono Stati come l’Ungheria che sostengono in buona parte l’agenda di Putin, e questo non è accettabile".
Per resistere alle mire di Putin è meglio investire di più nella Difesa sotto l’ombrello Nato o serve anche un esercito Ue?
"Le due cose non vanno viste in contraddizione. L’ombrello Nato era e sarà fondamentale, vista la forza militare che possono garantire gli Stati Uniti. Sarebbe illusorio pensare di abbandonare la Nato. Ma avviare anche un esercito europeo sarebbe una risposta opportuna e necessaria per far fronte ai competitori strategici, in primis Russia e Cina. Non credo che gli Stati Uniti sarebbero contrari".
A proposito: che succede se a novembre vince Biden, e, di contro, se viene eletto Trump?
"Se Biden rimane presidente, lo scenario sarà molto migliore per gli interessi europei, anche se questo non vuol dire che non ci potranno essere problemi, ad esempio sulla politica industriale o commerciale americana. Ma se vince Trump, specie con una maggioranza al Congresso, potrà fare tutto quello che vuole e quello che lui vuole è il divide et impera : stringere accordi con singoli Paesi europei e disgregare l’Ue, mettendo gli europei uno contro l’altro. L’Europa si troverebbe così schiacciata tra una America che punta a disgregarla e due competitori strategici come la Russia di Putin e la Cina di Xi, che ne percepiscono la debolezza. Sarebbe una sfida terribile e non è uno scenario improbabile: può accadere davvero".