Roma, 20 gennaio 2025 – Non saranno quattro anni di facile convivenza quelli fra l’Unione Europea e il nuovo presidente degli Stati Uniti. L’unica speranza è che Donald Trump rinunci a una parte del suo programma ‘America First’, ma ci credono davvero in pochi. Di certo, l’andamento dell’alleanza transatlantica subirà frizioni in termini politici, economici e strategici.
Già durante il suo primo mandato, Trump ha utilizzato i dazi come uno strumento per riequilibrare i deficit commerciali, specialmente nei confronti della Cina, ma anche dell'Europa. Se dovesse tornare, come probabile, a questa linea dura, cercando di proteggere i settori produttivi americani, a farne le spese saranno le importazioni europee.
Un altro fronte di conflitto potrebbe riguardare i giganti tecnologici e le loro relazioni con Bruxelles. Elon Musk, figura simbolo della Silicon Valley, uno dei principali finanziatori di Trump e di fatto membro del governo con la co-direzione del DOGE, ha già avuto battaglie legali con l’Unione Europea, soprattutto per quanto riguarda la regolamentazione dei social media e la protezione dei dati. Le leggi europee, come il Digital Markets Act e il Digital Services Act, hanno cercato di mettere sotto controllo il potere delle grandi piattaforme digitali, ma Musk, proprietario di Twitter (ora X), ha costantemente criticato queste normative. Il sostegno a figure come Musk, da parte di Trump, potrebbe minare ulteriormente la coesione tra le due sponde dell’Atlantico, con l'Europa che, da parte sua, potrebbe rafforzare la propria normativa per non farsi condizionare dalle politiche americane.
Altro tema che finirà sicuramente sul tavolo di Bruxelles è quello della spesa per la Difesa. Trump ha già esercitato forti pressioni sui paesi europei membri della Nato durante il suo primo mandato. Nelle scorse settimane, ha rilanciato chiedendo ai vari Stati di partecipare al bilancio del patto atlantico con il 5% del Pil.
L'Unione Europea rischia di trovarsi a fronteggiare non solo la sfida di mantenere unita la sua posizione, ma anche quella di bilanciare la propria sicurezza e le politiche commerciali in un contesto sempre più competitivo e multipolare. Sotto Trump, la politica estera statunitense potrebbe orientarsi sempre più verso il nazionalismo e l’isolazionismo, con l’Europa che si troverebbe a dover fare i conti con una crescente incertezza riguardo al proprio futuro nelle alleanze internazionali.
C’è poi un capitolo che non viene ricordato spesso, ma che rappresenta un grosso punto di frattura fra Ue e Stati Uniti: il clima. Durante la sua prima presidenza, Trump ha ritirato gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, un passo che ha irritato Bruxelles, impegnata invece a guidare la lotta al cambiamento climatico. È possibile che il tycoon cercherà di ridurre ulteriormente gli impegni climatici degli Stati Uniti, mettendo in difficoltà i tentativi europei di stringere alleanze globali per fronteggiare la crisi climatica.
Nonostante Trump sappia che non può permettersi la rottura delle relazioni con il Vecchio Continente, di certo cercherà di rimodulare in base a precisi interessi. La palla ora passa all’Europa, che dovrà trovare una sua strada.