Washington, 22 luglio 2024 – La campagna elettorale per le presidenziali Usa 2024 cambia faccia. Anche in senso letterale. Perché, dopo il passo indietro di Joe Biden, adesso i riflettori si sono accessi sul volto di Kamala Harris, l'ex senatrice diventata vice dell'attuale inquilino della Casa Bianca che potrebbe diventare la prossima candidata dei Democratici. Se questo dovesse avvenire, Harris potrà dire di aver infranto un altro soffitto di cristallo. Lo aveva già fatto nel gennaio 2021 quando era diventata –appunto – la prima donna, la prima afroamericana e la prima persona di origine asiatica a ricoprire la carica di vicepresidente degli Stati Uniti.
Californiana, nata a Oakland 59 anni fa e cresciuta a San Francisco, prima, e Los Angeles, dopo, Harris racconta che da bambina manifestava per i diritti civili con il padre giamaicano, professore di economia, e la madre indiana, ricercatrice sul cancro al seno. Nel 2019, ha attaccato aspramente Joe Biden per essersi opposto in passato a una politica che prevedeva il trasporto in autobus degli scolari neri nelle scuole dei distretti bianchi per porre fine alla segregazione razziale. "La bambina (sull'autobus) ero io", ha detto. Questo sfogo non ha salvato la sua fallimentare campagna elettorale, che è stata interrotta ancor prima del primo voto delle primarie. Lo stesso Biden l'ha poi invitata a unirsi a lui, esponendola agli attacchi del suo avversario repubblicano Donald Trump. Nel 2020, il tycoon l'ha definita "mostro" e "donna collerica", termini che evocano stereotipi razzisti sulle donne di colore. Dopo il dibattito del 27 giugno, il candidato repubblicano l'ha nuovamente attaccata, chiamandola "Kamala la gioviale" perché ride a crepapelle, mentre il team della sua campagna elettorale l'ha descritta come una irriducibile di sinistra.
Sul suo nome al momento sembrano convergere le preferenze già di 500 delegati dem e, oltre all'endorsement di Biden, ha già ottenuto l'appoggio di Bill Clinton e sua moglie Hillary. "Faremo tutto il possibile per sostenerla" perché "nulla ci preoccupa di più per il nostro Paese della minaccia rappresentata da un secondo mandato di Trump. Ha promesso di essere un dittatore fin dal primo giorno", hanno dichiarato in un comunicato l'ex presidente e l'ex segretario di Stato.
L’incarnazione del sogno americano
Laureata alla Howard University, fondata a Washington per accogliere gli studenti afroamericani, Kamala Harris è orgogliosa del suo percorso professionale, che incarna il sogno americano. Dopo due mandati come procuratore distrettuale a San Francisco (2004-2011), è stata eletta due volte procuratore generale della California (2011-2017), diventando la prima donna e la prima persona di colore a capo dei servizi giudiziari nello Stato più popoloso del Paese. E' stata criticata per la sua pesante repressione dei reati, che secondo gli oppositori danneggiava le minoranze.
Nel gennaio 2017 ha prestato giuramento al Senato a Washington, dove è diventata la prima donna dell'Asia meridionale e la seconda senatrice nera della storia. Una volta vicepresidente, ha dedicato il suo discorso di vittoria alle donne che hanno lottato per l'uguaglianza nel Paese. Nel 2022 Kamala Harris ha difeso con forza il diritto all'aborto, messo in discussione dalla Corte Suprema. "Alcuni leader repubblicani stanno cercando di usare la legge contro le donne: come osano dire a una donna cosa può o non può fare del proprio corpo?", ha dichiarato.
All'inizio del suo mandato ha commesso alcuni errori in materia di diplomazia e immigrazione. La stampa statunitense ha criticato il suo lavoro, ma i suoi sostenitori lo attribuiscono a pregiudizi sessisti. La rivista Vogue ha dovuto difendersi per aver scelto, poco dopo l'elezione, una foto della vicepresidente in scarpe da ginnastica per la copertina, invece di un ritratto più formale, che avrebbe dato maggiore risalto alla sua posizione.
Harris coltiva un'immagine rilassata, con l'aiuto del marito Doug Emhoff, un avvocato ebreo che funge da "secondo gentiluomo". Ed è una delle principali risorse della Casa Bianca nella lotta all'antisemitismo.