Martedì 2 Luglio 2024
DAVIDE NITROSI, Inviato
Esteri

Elezioni in Francia, Bardella esulta: "Il verdetto è chiaro, sarò premier di tutti"

Bagno di folla nel quartier generale che sembra una discoteca anni ’80. Un discorso dai toni seri e un po’ freddi

«Liberté, égalité, fraternité». L’abito scuro, come ha abituato i francesi, la cravatta nera intagliata perfettamente sulla camicia bianca, il taglio di capelli preciso. Jordan Bardella a 28 anni non è solo l’aspirante primo ministro della Francia ma anche una perfetta fotografia delle idee che professa e soprattutto dell’identità che vuole dare a se stesso e al suo partito. Un mix di ordine, rivalsa, rispetto delle istituzioni, mescolato alla preoccupazione costante di tranquillizzare, di definire un’immagine di uomo delle istituzioni. E infatti alla fine del suo discorso ribadisce i valori della Repubblica: libertè, appunto, eccetera. «Sarò il garante dei diritti e delle libertà di tutti i francesi». Con una inflessione paternalista: «È tempo che i francesi abbiano dirigenti che li comprendano, che li considerino, che li amino quanto amano la Francia».

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Jordan Bardella
Jordan Bardella

Bardella arriva al Pavillon Wagram, la sala scelta per la sua conferenza post voto, alle 8,30. L’Arc du Triomphe è vicino, forse la scelta non è casuale. Sale sul palco preparato da ore. Sotto il leggio, uno slogan: l’alternanza comincia. Non c’è spazio per le domande, solo la sua dichiarazione. Con alcuni concetti chiave. Intanto Bardella definisce la scelta della prossima domenica. O lui o Melenchon. O lui o l’estrema sinistra che «vuole disarmare la polizia» e fare «entrare tutti i migranti». Usa un tono grave, serio. Ma anche apocalittico. «Il Fronte popolare quidato da Melenchon condurrà il Paese al disordine, all’insurrezione e alla rovina della nostra economia, è un’estrema sinistra pericolosa». Dall’altra parte, dice Bardella, c’è RN che può «proteggere le istituzioni, garantire la sicurezza, cercare la pace fiscale e difendere il lavoro».

I suoi supporter non applaudono, nessuno grida, la sala è gremita di giornalisti, moltissimi stranieri. Il tono che sfodera il giovane leader di RN è quindi quello dei momenti più istituzionali. «Bardella veste l’abito già da primo ministro» sorride un giornalista francese. «Di solito non è così freddo, oggi ha voluto imporre il tono del momento, si sente investito». Anche le parole che usa rispettano questa tonalità. «Per i francesi era l’appuntamento con la responsabilità e hanno fatto onore alla nostra democrazia. Hanno confermato la loro aspirazione al cambiamento. Il voto di domenica prossima è il più determinante di tutta la Quinta Repubblica».

Bardella si sente già capo del governo «di tutti i francesi». E dosa parole dure, dritte ai suoi elettori («sarò il primo ministro che metterà come priorità la difesa del potere d’acquisto, ristabilirà l’ordine e la sicurezza») con messaggi rassicuranti alle istituzioni («sarò un primo ministro di coabitazione e rispetterò le funzioni del presidente della Repubblica»). Ora la sfida è rimandata di sei giorni. L’attesa fa parte del gioco. Come lo era quelle per Bardella alla porta del Pavillon Wagram, su una strada di passaggio piena di gente, i caffè affollati come una normale domenica d’estate a Parigi.

«On va gagner», vinciamo, scandiva in strada una giovane donna con una maglietta azzurra, niente a che fare con la nazionale italiana. «Siamo il Movimento 9 maggio», la data delle elezioni per il Parlamento europeo che hanno spinto il presidente Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale e indire nuove elezioni legislative. Quando Bardella arriva dopo le 20, al Pavillon Wagram i giornalisti sono in attesa da quasi due ore, assiepati. Lo staff serve succo e assaggi salati. Quasi un aperitivo. Il salone, con una balconata che lo sovrasta da quattro lati, ricorda per certi versi una sala da ballo, c’è pure una cornice di faretti e un grande lampadario astrolabio che fa tanto discoteca anni ’80. Un tempo il Front National si riuniva per gli eventi al Salon Hoche, poco lontano da Avenue Wagram: il vecchio Le Pen lo aveva consacrato come luogo del partito, e chissà, la scelta di cambiare indirizzo vuole essere anche un messaggio di discontinuità.