«Liberté, égalité, fraternité». L’abito scuro, come ha abituato i francesi, la cravatta nera intagliata perfettamente sulla camicia bianca, il taglio di capelli preciso. Jordan Bardella a 28 anni non è solo l’aspirante primo ministro della Francia ma anche una perfetta fotografia delle idee che professa e soprattutto dell’identità che vuole dare a se stesso e al suo partito. Un mix di ordine, rivalsa, rispetto delle istituzioni, mescolato alla preoccupazione costante di tranquillizzare, di definire un’immagine di uomo delle istituzioni. E infatti alla fine del suo discorso ribadisce i valori della Repubblica: libertè, appunto, eccetera. «Sarò il garante dei diritti e delle libertà di tutti i francesi». Con una inflessione paternalista: «È tempo che i francesi abbiano dirigenti che li comprendano, che li considerino, che li amino quanto amano la Francia».
Bardella arriva al Pavillon Wagram, la sala scelta per la sua conferenza post voto, alle 8,30. L’Arc du Triomphe è vicino, forse la scelta non è casuale. Sale sul palco preparato da ore. Sotto il leggio, uno slogan: l’alternanza comincia. Non c’è spazio per le domande, solo la sua dichiarazione. Con alcuni concetti chiave. Intanto Bardella definisce la scelta della prossima domenica. O lui o Melenchon. O lui o l’estrema sinistra che «vuole disarmare la polizia» e fare «entrare tutti i migranti». Usa un tono grave, serio. Ma anche apocalittico. «Il Fronte popolare quidato da Melenchon condurrà il Paese al disordine, all’insurrezione e alla rovina della nostra economia, è un’estrema sinistra pericolosa». Dall’altra parte, dice Bardella, c’è RN che può «proteggere le istituzioni, garantire la sicurezza, cercare la pace fiscale e difendere il lavoro».
I suoi supporter non applaudono, nessuno grida, la sala è gremita di giornalisti, moltissimi stranieri. Il tono che sfodera il giovane leader di RN è quindi quello dei momenti più istituzionali. «Bardella veste l’abito già da primo ministro» sorride un giornalista francese. «Di solito non è così freddo, oggi ha voluto imporre il tono del momento, si sente investito». Anche le parole che usa rispettano questa tonalità. «Per i francesi era l’appuntamento con la responsabilità e hanno fatto onore alla nostra democrazia. Hanno confermato la loro aspirazione al cambiamento. Il voto di domenica prossima è il più determinante di tutta la Quinta Repubblica».
Bardella si sente già capo del governo «di tutti i francesi». E dosa parole dure, dritte ai suoi elettori («sarò il primo ministro che metterà come priorità la difesa del potere d’acquisto, ristabilirà l’ordine e la sicurezza») con messaggi rassicuranti alle istituzioni («sarò un primo ministro di coabitazione e rispetterò le funzioni del presidente della Repubblica»). Ora la sfida è rimandata di sei giorni. L’attesa fa parte del gioco. Come lo era quelle per Bardella alla porta del Pavillon Wagram, su una strada di passaggio piena di gente, i caffè affollati come una normale domenica d’estate a Parigi.
«On va gagner», vinciamo, scandiva in strada una giovane donna con una maglietta azzurra, niente a che fare con la nazionale italiana. «Siamo il Movimento 9 maggio», la data delle elezioni per il Parlamento europeo che hanno spinto il presidente Emmanuel Macron a sciogliere l’Assemblea nazionale e indire nuove elezioni legislative. Quando Bardella arriva dopo le 20, al Pavillon Wagram i giornalisti sono in attesa da quasi due ore, assiepati. Lo staff serve succo e assaggi salati. Quasi un aperitivo. Il salone, con una balconata che lo sovrasta da quattro lati, ricorda per certi versi una sala da ballo, c’è pure una cornice di faretti e un grande lampadario astrolabio che fa tanto discoteca anni ’80. Un tempo il Front National si riuniva per gli eventi al Salon Hoche, poco lontano da Avenue Wagram: il vecchio Le Pen lo aveva consacrato come luogo del partito, e chissà, la scelta di cambiare indirizzo vuole essere anche un messaggio di discontinuità.