Roma, 8 luglio 2024 – Ribaltone. La Francia non sarà governata dal Rassemblement national di Jordan Bardella e Marine Le Pen. Sarà probabilmente guidata da un’alleanza già in valutazione tra riformisti di sinistra, liberali e repubblicani. Vince a sorpresa il Nouveau front populaire (il cartello di sinistra che comprende la France Insoumise, con la quale nessuno sembra però volersi alleare) con 182 seggi, davanti ai macroniani di Ensemble (168).
Il Rassemblement national, l’estrema destra che puntava al governo del Paese, non solo non sfonda, ma addirittura sprofonda al terzo posto, con appena 143 seggi, meno della metà dei 289 necessari per conquistare Matignon. Seguono i Républicains (45) nonostante la scissione di Éric Ciotti, poi destra extra Rn (15), sinistra fuori di Nfp (13), centristi (6), regionalisti (4), altri (1). Totale 577. Alle 18.45 di ieri la convocazione di una riunione urgente all’Eliseo lascia intuire uno scenario in rapida evoluzione.
Alle 20 spaccate, quando anche le grandi città chiudono i seggi con affluenza record (67% il totale nazionale), gli exit poll avvalorano il trend anticipato dai media francofoni belgi e svizzeri. La diga repubblicana costruita con patti di desistenza in oltre 200 circoscrizioni contiene agevolmente il duplex Bardella-Le Pen, respinto all’appuntamento con la storia, per la gioia del presidente della Repubblica Emmanuel Macron che perde punti ma non crolla, e del primo ministro Gabriel Attal che, «fedele alla tradizione», preannuncia per oggi le dimissioni di prassi. Facce provate al quartier generale del Rassemblement national.
Già alle 20.30 Bardella ammette la batosta: “Il Rn raggiunge il risultato più importante di tutta la sua storia. Purtroppo gli accordi elettorali pericolosi privano i francesi di una politica di risanamento e gettano la Francia nelle braccia dell’estrema sinistra”. Gli analisti fanno e rifanno i conti per stimare quanti seggi del Nouveau front populaire finiranno alla France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon: 74, forse 77 (considerando tre dissidenti), dato sensibile in attesa di conferma che, da un lato, serve a determinare l’estensione massima di un blocco centrista che includa macroniani, repubblicani e socialisti (ancora da stabilire il destino di verdi e comunisti eletti con Nfp); dall’altro, a escludere qualsivoglia ipotetica maggioranza di blocco delle ali estreme dell’Assemblea rappresentate da Rn (a destra) e France Insoumise (a sinistra).
Mélenchon, che per numero di eletti appare in testa al blocco di Nfp, alza subito la voce: “Il Nouveau front populaire è pronto, ha salvato ancora una volta la Repubblica”, quindi Macron “deve inchinarsi e ammettere questa sconfitta senza aggirarla”. Ancora: “Abbiamo ottenuto un risultato che ci dicevano impossibile”, adesso “la volontà del popolo deve essere rigorosamente rispettata" e Macron “deve chiedere al Nfp di governare”. Risponde il ministro dell’Interno Gérald Darmanin: “Nessuno può dire di aver vinto. Specialmente non monsieur Mélenchon”. E quel monsieur fa trapelare tutto il disprezzo dei macroniani per il tribuno di La France Insoumise. Dall’Eliseo trapela la domanda “se una coalizione coerente sia possibile per raggiungere i 289 deputati”. Poi scoccherà l’ora delle “decisioni necessarie”. È già tempo di pontieri. Raphaël Glucksmann, il leader socialista uomo simbolo della gauche di Nfp, ragiona senza preconcetti: “Di fronte a un’Assemblea divisa dobbiamo comportarci da adulti. Bisogna parlare, discutere, dialogare". Alla sinistra tutta mancano almeno 107 seggi per la maggioranza assoluta. Tanti. L’altro scenario plausibile è una coalizione di unità nazionale orientata al centro, con macroniani, riformisti della gauche più Républicains, centristi vari, forse ecologisti. Anche in questo caso numeri risicati. Un governo tecnico o simil tecnico, anche di minoranza, è l'unica altra opzione sul tavolo considerata l'impossibilità di sciogliere l'Assemblea per un anno. L’ex primo ministro Édouard Philippe, schierato a favore di Macron e tra i possibili candidati, chiede un “accordo” con la sinistra senza France Insoumise. Solo oggi il frammentato quadro francese sarà forse più leggibile. Marine Le Pen, la grande sconfitta, chiude la serata con un’interessata profezia: “La marea continua a salire, la nostra vittoria è solo rimandata”. Ma, tra presidenziali e legislative, questo è un altro voto in cui Macron le rifila una grossa delusione.