Mosca, 13 novembre 2022 - Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha detto che la ritirata russa da Kherson non deve essere interpretata come un’umiliazione. Sta di fatto che qualcuno l’ha presa male e per la prima volta ha puntato con forza il dito contro Vladimir Putin. A farlo è stato niente meno che Aleksandr Dugin, pensatore di riferimento nella corrente degli euroasiatisti e che, con le sue teorie di una Russia staccata dall’Occidente e più vicina all’Asia, per un periodo avrebbe influenzato anche lo zar del Cremlino. Secondo il quotidiano britannico Mirror, il filosofo ha attaccato duramente il presidente sul suo canale Telegram, uno dei social più utilizzati in Russia, e ci è andato giù pesante. "Un sovrano ha la pienezza dei poteri per salvarci tutti – ha scritto – ma anche la responsabilità in caso di fallimento". Che cosa succeda in questo caso, Dugin lo spiega citando un saggio dell’antropologo, James Frazer: se il sovrano non salva il suo popolo, il suo destino è quello dell’Uomo della Pioggia, ossia la morte. Parole forti, che arrivano a poche ore dalla liberazione di Kherson da parte degli ucraini, avvenuta venerdì mattina. Il post è stato rimosso.
Questo non ha impedito che i pensieri del filosofo diventassero virali sul web russo e internazionale, tanto che l’autore è stato costretto a una smentita, mascherata dalla consueta teoria del complotto. "L’Occidente – ha spiegato Dugin – ha iniziato a far credere che io e i patrioti russi ci siamo rivoltati contro Putin dopo la resa di Kherson, chiedendo presumibilmente le sue dimissioni. Questo non proviene da nessuna parte e si basa su un mio presunto messaggio cancellato". E ancora: "In nessun caso la Russia e Putin capitoleranno, l’ultimo passo può essere solo l’uso di armi nucleari". Intanto, però, il messaggio ha circolato e lui è il punto di riferimento dell’area più ultra nazionalista della società e soprattutto delle forze armate.
Il pensatore, lo scorso 20 agosto è scampato a un attentato in cui ha perso la vita la figlia Darija. Sono quindi in molti a pensare che abbia più di un motivo per essere irritato nei confronti di Putin e di volere la sua destituzione, ammesso che, dopo il post incriminato e poi cancellato, una macabra sorte non tocchi prima a lui. Su una cosa, però, ha ragione e questa spaventa realmente il presidente al momento: come ha scritto nel suo lungo post, "i russi piangono e soffrono". L’economia nazionale si sta deteriorando. L’inflazione a fine anno potrebbe arrivare al 13% e secondo la Banca Centrale, nel quarto trimestre il pil calerà del 7,1%. Dati poco confortanti, con il timore che nei prossimi mesi, anche grazie all’effetto prolungato delle sanzioni, andrà peggio. La merce nei supermercati inizia a mancare, molti antibiotici ormai si trovano solo sul mercato nero, ovviamente con il prezzo alle stelle. Ci sono poi le bugie sull’andamento dell’operazione militare speciale, che rischia di costare in termini economici ma soprattutto di vite umane davvero tanto. Secondo stime ucraine, i soldati di Mosca rimasti sul campo sono almeno 77mila. A questi vanno aggiunti i dispersi e quelli che hanno subito mutilazioni in battaglia. Anche la mobilitazione parziale inizia a mostrare tutte le sue falle. Le scene di protesta nei centri di addestramento sono all’ordine del giorno, con uomini costretti a dormire per terra, che non vengono nutriti a sufficienza e vivono in condizioni igieniche precarie.
Il presidente Putin ha pensato bene di tenere un profilo basso e ha fatto sapere che non sarà presente al G20 che si terrà a Bali martedì e mercoledì prossimi. La motivazione ufficiale addotta è stata, genericamente "impegni interni". In realtà il presidente teme per la sua sicurezza, in modo duplice. Gli standard garantiti dal governo indonesiano non erano sufficienti per i suoi livelli maniacali. E probabilmente adesso teme anche che qualcuno possa prenderne il posto in sua assenza.