Martedì 7 Gennaio 2025
Piero S. Graglia
Esteri

Dottrina Trump-Musk: la diplomazia anomala che rompe i protocolli

L’asse con le destre populiste anche in via informale

Roma, 6 gennaio 2025 – Justin Trudeau, Viktor Orban, Javier Milei. E Giorgia Meloni. Sono questi i nomi dei leader che Donald Trump ha incontrato in privato ancora prima di giurare come 45° presidente Usa. A parte Trudeau – che Musk sbeffeggia su X storpiandone il nome in “true-dough” (più o meno, “un bell’impiastro”) – che frequenta la leadership statunitense per ovvi motivi di contiguità storica e geografica del Canada con gli Usa, gli altri due sono i campioni del populismo euroscettico e ultraliberista. Meloni invece è una new entry ed è stata l’ultima a visitare il president elect, sabato scorso, nella sua casa in Florida, accolta da un Trump che l’ha salutata con le parole “you’ve taken Europe by storm!” (hai preso d’assalto l’Europa). Parole con significato ambiguo ma che certo suonano come un complimento alle orecchie di Trump, e probabilmente anche di Meloni.

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Elon Musk con Donald Trump

Si tratta di una diplomazia del tutto anomala questa di Trump, e i cui sviluppi saranno da osservare con attenzione. A memoria non è mai successo che un leader di governo italiano incontrasse il presidente eletto, a due settimane dall’insediamento, mentre il presidente uscente è ancora in carica (e in procinto di arrivare in visita a Roma). Non si tratta solo di questioni di precedenza, ma di forma. A Mar-a-Lago, in Florida, c’era una buona rappresentanza della futura amministrazione Trump: il prossimo segretario di Stato Marco Rubio, Scott Bessent, scelto da Trump come futuro segretario al Tesoro, Tilman Joseph Fertitta che Trump ha scelto come futuro ambasciatore Usa in Italia e l’ambasciatrice italiana negli Usa, Mariangela Zappia.

Da indiscrezioni del New York Times pare che Meloni abbia premuto “con decisione” sul caso della giornalista Cecilia Sala, ma difficile credere che si sia parlato solo dell’italiana reclusa in Iran. Sul tavolo vi sono tante questioni cruciali per i rapporti Europa/Stati Uniti, a partire dalle intenzioni aggressive di Trump di imporre dazi sulle esportazioni verso l’Unione, fino alla necessità per gli europei di trovare vie alternative al blocco del gas russo attraverso l’Ucraina. Il problema non secondario è poi il “peso” dei due interlocutori, e le strategie che ognuno vuole attuare. Meloni non rappresenta l’Unione, più di quanto pretendesse di rappresentarla Orban mentre presiedeva il Consiglio dei ministri Ue.

La nostra politica nazionale, sin dai tempi di Crispi afflitta dal complesso di inferiorità in politica estera, dopo la notizia della esclusiva visita a sorpresa dà fiato a destra alle trombe dell’orgoglio patrio, ma non va dimenticato che la musica non è scritta da Meloni. Trump, insieme a Musk, sta apparentemente costruendo una ragnatela di relazioni personali per minare alla base la difficile coesione europea e creare “canali” di comunicazione che non sono quelli dell’Unione ma rispondono al vecchio principio del “divide et impera”. Meloni corre il rischio di diventare pedina di questo gioco mentre crede di essere promossa al primo banco della prima fila. Intanto, tutto tace da Palazzo Chigi, e il nostro ministro degli Esteri, Tajani, legge dell’incontro sui giornali. Tutto materiale per il prossimo sketch di Crozza.