di Marta OttavianiROMAL’accordo per la tregua a Gaza è cosa fatta, eppure si litiga ancora. A scontrarsi sono il presidente in carica, Joe Biden, e il presidente eletto, Donald Trump, prossimo all’insediamento alla Casa Bianca. Come un tiro alla fune, dove il fazzoletto è rappresentato dal successo diplomatico, i due numeri uno degli Usa stanno cercando di portare acqua, pardon, corda, alla loro amministrazione per motivi diversi. Se Trump brucia tutti e annuncia per primo l’accordo proprio nel giorno dell’ultimo discorso alla nazione di Biden, Joe vuole rispettare la tradizione americana, lasciando un’eredità importante del suo mandato. Lo hanno fatto tutti i suoi predecessori. "L’intesa è frutto di mesi di intenso lavoro diplomatico – dice –, è stata una delle più difficili della mia vita".
Il risultato elettorale, che ha visto la sua vice presidente, Kamala Harris, soccombere sotto il programma, la personalità e la macchina propagandistica di Trump, ha profondamente colpito il presidente uscente, che non vuole passare alla storia come un perdente, quando i risultati economici e la gestione delle varie crisi internazionali dicono altro.
Non aveva fatto i conti con The Donald. I retroscena raccontano che proprio in Medio Oriente, il passaggio di consegne fra il segretario di Stato uscente, Antony Blinken, e il suo successore, Marco Rubio, si sia svolto in perfetta continuità e grande collaborazione. Fra i due primi uomini degli Usa, però, i sentimenti sono ben diversi. Anche solo per una questione di opportunità, alla quale va aggiunta la competitività e il temperamento del presidente entrante.
Per questo, ieri, dal suo social Truth, Trump si è comportato come se fosse già il presidente in carica, scrivendo: "Hamas ha confermato l’accordo per iscritto. Gli ostaggi di Hamas saranno rilasciati fra poco. Questo epico accordo non avrebbe potuto realizzarsi senza la nostra storica vittoria". E ancora: "Abbiamo ottenuto così tanto senza nemmeno essere alla Casa Bianca, immaginate tutte le cose meravigliose che accadranno quando tornerò alla Casa Bianca e la mia amministrazione sarà pienamente confermata, così da poter garantire altre vittorie per gli Usa". Nella speranza che vada tutto bene.
Trump aveva bisogno di presentarsi all’insediamento con il primo fascicolo chiuso e il primo successo da vendere al suo elettorato. La strada è ancora lunga e c’è da scommettere che il suo amico, Benjamin Netanyahu, dopo mesi di negoziati fatti saltare, abbia accettato le condizioni proprio ora un po’ per le pressioni dell’inviato del tycoon, Steve Witkoff, un po’ per fare un favore a un amico che ha sempre sostenuto le ragioni di Israele, ma che, in questo suo secondo mandato, ha bisogno di presentarsi come presidente super partes. Anche perché, con buona pace delle sue dichiarazioni, oltre agli Usa, anche il Qatar e l’Egitto sono stati molto importanti per il raggiungimento del cessate il fuoco. E se davvero, come ha dichiarato, Trump vuole estendere gli Accordi di Abramo anche all’Arabia Saudita, dovrà presentarsi come il pacificatore. Operazione resa possibile da Biden, che ha gestito e concluso una guerra. E in serata concede: "Con Trump abbiamo fatto un gioco di squadra".