Mercoledì 19 Marzo 2025
FRUZSINA SZIKSZAI
Esteri

Non solo gay pride vietati: così Orban sta smantellando la costituzione ungherese

La nuova legge che bandisce i raduni della comunità Lgbtq+ arriva sulla scia della quindicesima modifica alla costituzione, un’ulteriore svolta autoritaria nella politica del premier. Ong, intellettuali, e l’opposizione nel mirino

Non solo gay pride vietati: così Orban sta smantellando la costituzione ungherese

Budapest, 19 marzo 2025 – “Oggi è il Pride. Domani cosa sarà?”, si leggeva su uno dei cartelli portati dai manifestanti ieri sulle strade di Budapest, dopo l’approvazione della legge che vieta i gay pride in Ungheria. Il passaggio del provvedimento a larga maggioranza e in tempi record (un giorno) non ha sorpreso nessuno: Fidesz, il partito di Viktor Orbán, possiede due terzi dei seggi nel parlamento ungherese da oltre un decennio.

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Il primo ministro Viktor Orban durante una cerimonia ufficiale (Ansa)

Il quindicesimo emendamento

La nuova normativa arriva sulla scia di quadro legislativo più ampio che fa capo alla quindicesima modifica della costituzione ungherese (non ancora legge dello s tato). Il 15esimo emendamento, oltre a restringere ulteriormente i diritti della comunità Lgbtqia+, contiene anche altri cambiamenti importanti nell’ordinamento ungherese, incoraggiati dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Dalla repressione dei critici alla limitazione del potere di un prossimo governo: ecco la nuova svolta autoritaria in Ungheria.

Modifiche alla costituzione facili

La modifica della costituzione è un vizio frequente nell’Ungheria di Viktor Orbán. L’emendamento sui ‘pride’ proposto dal Fidesz è il quindicesimo dal 2012, anno in cui il partito ha creato la nuova costituzione del paese, chiamata da quel momento in poi “la legge fondamentale”. Dato l’ordinamento ungherese, con un parlamento monocamerale dove i rappresentanti del partito di Orbán possiedono due terzi dei seggi, la costituzione viene modificata con una rapidità, facilità e frequenza difficilmente immaginabili in Italia. E questo al fine di servire gli interessi politici del governo. Un emendamento che ha fatto il giro delle testate internazionali è quello del 2020 che riconosce solo la famiglia tradizionale, nella quale “la madre è donna, il padre è uomo”.

La protezione dei minori pretesto contro i pride 

Il 15esimo emendamento va oltre, e stabilisce che una persona può essere solo una femminamaschio, mettendo fuori legge qualsiasi ‘deviazione’ dal sesso biologico. E qui si arriva al divieto del pride, nascosto sotto il velo della protezione dei minori. Nella nuova costituzione, il diritto dei minori “alla protezione necessaria per il loro corretto sviluppo fisico mentale e morale” avrà la precedenza “su tutti gli altri diritti fondamentali, ad eccezione del diritto alla vita”. E’ questa la base normativa che giustifica, secondo l’impostazione data dal partito di Orban, il divieto di pride: la protezione dei bambini viene prima del diritto di radunarsi, dato che “la rappresentazione o la promozione dell’omosessualità” a chiunque abbia meno di 18 anni sono considerate dannose dalla legge ungherese.

“Alla vigilia del 30° anniversario del Budapest Pride, che si terrà a giugno, questo dannoso divieto riporta l'orologio indietro di tre decenni", ha dichiarato in un comunicato Dávid Vig, direttore di Amnesty International Ungheria, "minando ulteriormente i diritti faticosamente conquistati dalle persone Lgbtq+”.

Ungheresi con doppia cittadinanza: ong e giornalisti nel mirino

Ma non solo. Un altro aspetto preoccupante del quindicesimo emendamento è l’introduzione del concetto di sospensione della cittadinanza ungherese. La proposta potrebbe comportare l'espulsione degli ungheresi in possesso di nazionalità di altri Paesi se il governo li considera un pericolo per la sovranità. "Un cittadino ungherese che possiede anche la cittadinanza di un altro Stato può essere espulso dal territorio ungherese alle condizioni specificate dalla legge se le sue attività mettono in pericolo la sovranità nazionale, l'ordine pubblico, l'integrità territoriale o la sicurezza dell'Ungheria", si legge in un post su Facebook del capogruppo Máté Kocsis, in riferimento al testo della proposta di legge. Kocsis ha inoltre chiarito che la misura potrebbe essere utilizzata contro le ong e i giornalisti considerati dal governo come rappresentanti di interessi stranieri. Stefano Bottoni, storico con doppia cittadinanza italo-ungherese e autore del libro ‘Ossessionato dal potere: l’Ungheria di Viktor Orbán’, ha definito la proposta una “massiccia linea rossa che potrebbe essere vista anche dalla Luna" in un post su Facebook. “Cerco le parole, ma non le trovo. Piuttosto, provo un misto di rabbia e ansia”, scrive il professore e ricercatore che vive a Budapest. “I loro quasi 15 anni di governo mi hanno preparato a molte cose, ma non al fatto che qualsiasi cittadino che la pensi diversamente e non sia esclusivamente di nazionalità ungherese possa essere preso di mira”, ha aggiunto.

La recente repressione contro attivisti di varie nazionalità rientra in un progetto più ampio finalizzato a eliminare i critici sostenuti da finanziamenti esteri in Ungheria. In passato, Orbán ha più volte descritto le organizzazioni non governative e i media indipendenti critici nei suoi confronti come parte di quella che ha chiamato la "rete Soros", facendo riferimento all'imprenditore e filantropo spesso indicato dai populisti di destra come un'influenza destabilizzante.

Ulteriore svolta con Trump

Tuttavia, dopo l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, Orbán ha deciso di adottare misure più radicali. Dopo lo smantellamento di Usaid, agenzia americana che contribuiva al finanziamento di numerosi giornali indipendenti in Ungheria, Orbán ha dichiarato guerra a tutte le organizzazioni che accettavano fondi statunitensi: “Devono essere spazzati via. Quando, se non ora”, ha detto in una delle sue interviste regolari alla radio statale. “Coloro che accettano questo denaro devono essere sanzionati”.

Così Orbán si prepara alla sconfitta

Infine, nell’emendamento si intravede anche il timore del Fidesz di perdere alle prossime elezioni (o almeno vedere il proprio potere ridimensionato) contro la nuova stella dell’opposizione, Péter Magyar. Alcuni media locali suggeriscono che la modifica allo stato di emergenza (attualmente dichiarato a causa della guerra in Ucraina, in passato usato anche durante la pandemia), secondo la quale nel futuro il governo non potrà più sospendere le leggi per decreto o derogare alle disposizioni di legge senza una maggioranza di due terzi. L'obiettivo di Fidesz è quindi probabilmente quello di impedire a Péter Magyar di riscrivere le leggi degli ultimi 15 anni con un governo d'emergenza, scrive il giornale ungherese Telex, in caso di una sua vittoria alle elezioni del 2026. Al momento, il partito di Magyar gode di un vantaggio di quasi 10 punti sul Fidesz secondo i sondaggi.