Parigi, 5 gennaio 2025 – A dieci anni dall’attacco terroristico che uccise quasi tutta la redazione, loro sono ancora Charlie. O almeno si sforzano di esserlo. E domani usciranno in edicola con un numero speciale di 32 pagine. Era il 7 gennaio 2025 quando due terroristi islamisti, i fratelli Kouachi, appartenenti alla branca yemenita di Al Qaeda, entrarono nella redazione del noto settimanale satirico e uccisero 12 vignettisti. Fra questi c’erano alcuni fra gli intellettuali più in vista del Paese: Charb, Cabu, Wolinski. Il massacro fu la punizione per la pubblicazione di alcune vignette sul Profeta Maometto che avevano provocato l’indignazione di alcuni imam. Questi provarono ad appellarsi alla giustizia, ma invano. La magistratura assolse l’allora direttore, Stéphane Charbonnier, tutelato un Paese, la Francia, che ha eletto il laicismo e vero credo nazionale e dal sacrosanto principio della libertà di espressione.
Nato negli anni ’70 dalla tradizione libertaria francese, Charlie Hebdo in questi dieci anni è stato minacciato, criticato, osannato. Polemico, irriverente, spesso empio, con le sue vignette, come quella sulla tragedia di Rigopiano, ha messo a dura prova anche alcuni di quelli che, subito dopo il massacro adottarono il motto Je suis Charlie in segno di solidarietà. Non sembra cambiato nulla. In questi anni, Charlie Hebdo non ha risparmiato bordate a nessuno, non solo all’Islam, ma anche al cattolicesimo.
Il nuovo direttore, Laurent Sourisseau, nome d’arte ‘Riss’, che ha preso le redini della pubblicazione subito dopo l’attentato e che quel giorno fu l’unico a sopravvivere ha garantito che la copertina per l’anniversario sarà ‘come un pugno’. Per il momento non è trapelata nessuna anteprima, ma è praticamente certo che le matite dei fumettisti loro malgrado più famosi del mondo se la prenderanno con quello che considerano il grande male delle società: la religione. O meglio, specificano proprio dalla rivista, le religioni. Eppure, in dieci anni, è cambiato tutto. L’unica buona notizia è che, seppure in uno stato di apprensione e allerta permanente, il terrorismo internazionale è molto meno strutturato.
Rimane, però, il ricordo di quel 7 gennaio in cui la Francia ha cambiato volto per sempre, a iniziare dai sopravvissuti alla strage. Corinne Rey, in arte Coco, la vignettista che, sotto la minaccia dei kalashnikov aprì la porta quel giorno, non si è mai ripresa del tutto. Intervistata da Le Monde, ha raccontato che l’incubo di quella mattina continua a perseguitarla e che riesce a contrastarlo solo con il disegno. Anche per gli abitanti dell’11mo arrondissement, dove aveva sede la redazione del settimanale, la vita è cambiata. In molti hanno raccontato ai quotidiani francesi ci continuare a rivivere l’incubo. E poi c’è una Francia che deve fare quotidianamente i conti con una società divisa, dove gli atti di antisemitismo sono in aumento e dove, anche senza una regia che coordina, ci sono molti potenziali lupi solitari pronti a colpire. E se domani Charlie Hebdo sarà distribuito anche in diverse scuole, sui media infuria il dibattito se nel Paese ci sia la stessa libertà di espressione di 10 anni fa o se, per non irritare alcune fette della società non si stia praticando una crescente, pericolosa autocensura.