La guerra adesso per l’Esercito spagnolo è solo contro il tempo. Ore, minuti, secondi preziosi che passano e soffocano le fiebili speranze di trovare ancora in vita le decine di dispersi sotto l’acqua e il fango dell’alluvione Dama abbattutasi sulla Comunità autonoma Valenciana e su altre zone della parte orientale della Spagna fra martedì e mercoledì. Più di mille soldati delle unità di soccorso iberiche stanno facendo squadra con gli operatori di emergenza local scavando nel fango alla ricerca dei sopravvissuti ad una tragedia che, giorno dopo giorno, assume connotati sempre più devastanti: la conta dei morti è salita a 158, 155 dei quali nella sola regione di Valencia che vanno ad aggiungersi alle vittime in Andalusia e Castilla-LaMancha.
La maggior parte delle persone decedute ha perso la vita dopo essere rimasta incastrata nelle auto e nei camion travolti dall’acqua e trascinati a centinaia di metri. Le autostrade vicino a Valencia sono cimiteri di corpi e lamiere accartocciati uno sopra l’altro. "Ci sono ancora cadaveri da estrarre dalle vetture", comunica il governo socialista. Fine e speranza si mescolano. "Stiamo cercando casa per casa i dispersi", fa sapere l’Esercito, anche se continua l’incertezza sul numero esatto degli scomparsi.
Ma poteva essere anche peggio, se non fosse stato per la deviazione del fiume Tura che ha salvato il centro storico di Valencia. I più anziani se la ricordano ancora benissimo l’alluvione del 1957, quando il fiume sfondò gli argini provocando 400 morti. All’epoca quel corso d’acqua attraversava il cuore di Valencia. Ora non è più così: dopo la tragica inondazione il suo corso venne deviato a 12 chilometri lontano dal centro. E senza quella opera Dana avrebbe provocato molte più vittime.
Se la storia non si fa con i se, figurarsi la cronaca che racconta di uno scenario sospeso tra morte e disperazione nei sobborghi vicini a Valencia. Uno scenario spettrale sulla falsariga dello sfondo apocalittico del romanzo La Strada di Cormac McCarthy. Solo che qui non è finzione, è realtà, sono Paiporta e Alfafar, due comuni nella cintura a sud del capoluogo. In questi luoghi Dana ha inferieto senza pietà. "Ci sono famiglie chiuse in casa con i cadaveri dei loro cari – ha detto ai microfoni dell’emittente A Punt Juan Ramón Adsuara, sindaco di Alfafar –. Ci hanno dimenticato. Non vediamo un camion dei pompieri da giorni. Non abbiamo la Guardia Civil. Ci stiamo organizzando, ma stiamo finendo tutto".
Quelli che non mancano, invece, sono gli sciacalli. La polizia ha arrestato 39 persone che, approffittando del caos, hanno dato l’assalto ai centri commerciali, rubando pc, cellulari e profumi di marca. Come scrive El Pais, per fronteggiare queste razzie le forze di sicurezza sono state costrette a deviare parte dei loro effettivi impegnati nei soccorsi.
A catalizzare l’attenzione è anche la polemica politica sui ritardi nell’allerta ai cittadini. Il leader dell’opposizione, il popolare Alberto Nunez Feijòo, durante la sua visita alle popolazioni colpite dalle inondazioni ha attaccato violentemente il governo: "Non ha informato in nessun modo le autorità locali dell’arrivo del disastro". Sempre dalle fila dei Popolari, travolto dalle accuse sui ritardi nell’allarme che sarebbe stato dato undici ore dopo l’allerta rossa diramata dall’Agenzia meteorologica statale, il governatore della Comunità Valenciana, Carlos Mazòn, prova a ribattere: "Abbiamo avvisato della situazione già da domenica – è stata la sua risposta ai cronisti ripresa da El Mundo –. Adesso non è il momento per la cattiva politica".
Sulla stessa linea il premier Pedro Sanchez. Evita di rinfocolare lo scontro, punta tutto sull’unità nazionale e si presenta a L’Eliana, uno dei centri più colpiti dalle inondazioni, al fianco proprio di Mazòn. "Siamo alla vigilia di un ponte festivo, ma vi invito a stare a casa", dice agli spagnoli pensando alle allerte per il forte maltempo nel sud-ovest e nel nord-est del Paese. Per il rimpallo sulle responsabilità ci sarà tempo. O magari anche no, almeno in Spagna.