Strasburgo, 10 dicembre 1951 – Nel dibattito sull’esigenza di costruire una difesa comune europea, può risultare utile rileggere quanto fu discusso agli albori delle istituzioni comuni europee. I contenuti del Trattato istitutivo della Comunità Europea di Difesa vennero precisati, essenzialmente sulla base delle proposte di Alcide De Gasperi, nella Conferenza dei sei ministri degli Esteri che si tenne a Parigi nel dicembre del 1951. Il primo obiettivo era quello di assicurare la Pace tra gli Stati europei, poi di “scoraggiare qualsiasi attacco dall'esterno in odio a questa formazione dell'Europa unita”.
Il cambiamento della situazione politica interna, in alcuni Paesi come la Francia e per certi versi anche l'Italia, impedì la ratifica del Trattato. Il 30 agosto 1954 l'Assemblea nazionale francese respingeva la legge che autorizzava la ratifica del Trattato che istituiva la Ced. De Gasperi era morto pochi giorni prima, il 19 agosto.
Pubblichiamo di seguito alcuni stralci dell'intervento che De Gasperi, allora presidente del Consiglio italiano, tenne proprio al vertice del Consiglio d'Europa a Strasburgo l'11 dicembre 1951 (Archivi Storici dell'Unione Europea, ASUE – Fondo Alcide De Gasperi, Affari Esteri, X, b, 2).

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È con grande soddisfazione che ho visto le idee che noi qui difendiamo percorrere molto cammino sulla via delle realizzazioni concrete. Io credo che tutti i Paesi qui rappresentati sono ormai d’accordo sul principio che bisogna arrivare a una forma di integrazione europea. Se interpreto esattamente il vostro desiderio, non si tratta per me di esporre sulle linee generali il mio pensiero ma di precisarlo riguardo al problema concreto che è nato dall’urgenza di una difesa comune. Il bisogno di sicurezza ha creato il Patto atlantico, cioè un’organizzazione che tende a ristabilire l’equilibrio delle forze. È quella la prima linea di difesa contro il pericolo esterno: essa è basata sull’integrazione dello sforzo nazionale con lo sforzo collettivo. Ma la condizione essenziale per una resistenza esterna efficace è in Europa la difesa interna contro una funesta eredità di guerre civili. Noi abbiamo la consapevolezza che dobbiamo salvare noi stessi, il nostro patrimonio di civiltà comune e di esperienze secolari. Le somiglianze e le convergenze storiche, anche i legami spezzati e subito riannodati, ci indicano che la messa in comune delle nostre forze spegne i nostri rancori e può darci in Europa la pace interna, anche prima che un patto di difesa venga a garantirla. Noi siamo tutti d’accordo che dobbiamo difendere i nostri focolari, le nostre istituzioni, la nostra civiltà nel momento del pericolo.
Ma le nuove generazioni esitano di fronte a una scelta che può decidere del loro destino: riprendere la strada interrotta della guerra, strada seminata di rivendicazioni e di conflitti che si ispirano ad una concezione etica assoluta della nazione; oppure andare verso il coordinamento di queste forze in vista di una espansione superiore e di una più larga e fraterna solidarietà. Questo non si può fare altro che vivificando le forze nazionali con gli ideali comuni della nostra storia e dando loro come campo d’azione le distinte e grandiose esperienze della comune civiltà europea. Non si può fare altrimenti che realizzando un punto d’incontro dove queste esperienze si confrontano, si selezionano e così generano forme nuove di vita comune, ispirate a una più grande libertà e a una più giusta vita sociale. È sopra un’associazione di sovranità nazionali basata su istituti costituzionali democratici, che queste forme nuove possono spandersi. La costruzione degli strumenti e dei mezzi tecnici, le soluzioni amministrative sono senza dubbio necessarie; e noi dobbiamo esserne grati a coloro che ne assumono il compito. Queste costruzioni formano l’armatura: rappresentano ciò che lo scheletro rappresenta per il corpo umano. Ma non corriamo il rischio che si decompongano se un soffio vitale non vi penetra per vivificarle oggi stesso? Le forze armate sono anche un corpo morale fra i più elevati della nazione, la scuola delle più alte virtù militari e civili.
Se chiamiamo le forze armate dei diversi Paesi a fondersi insieme in un organismo permanente e costituzionale e, se occorre, a difendere una patria più vasta, bisogna che questa patria sia visibile, solida e viva. So bene che questo ideale europeo non è ancora abbastanza radicato nelle folle. Benché in Italia questa idea debba fare ancora strada ed essere oggetto di approfonditi dibattiti in Parlamento, oso sperare innanzi a voi che, conformemente allo spirito della Costituzione, la nazione italiana sarà disposta ad accettare limiti ragionevoli alla sua sovranità nazionale in unione con le altre nazioni europee, se ciò può servire ad allargare il campo del suo slancio vitale. Si presenta ora il problema dell’esercito europeo, che tocca le stesse fibre più intime dell’organismo nazionale; io non posso esprimere qui che il mio personale avviso; ma credo che il Parlamento italiano non rifiuterà il suo assenso al meritorio sforzo di uomini generosi e antiveggenti, per creare uno stabile ponte fra nazioni, separate spesso da un abisso nel quale precipitò tutta l’Europa.
Per creare questo ponte è evidente che il primo e il principale pilastro deve essere un corpo eletto comune e deliberante, dal quale dipenda un organismo esecutivo collegiale. Il secondo pilastro sarebbe formato da un bilancio comune, che tragga in parte considerevole le sue entrate da contributi individuali, cioè dal sistema di tassazione. Questo sistema mi sembra costituire un minimo necessario perché questo progetto ottenga l’approvazione dei Parlamenti e il consenso delle popolazioni. Ciascuno di noi sente che questa è l’occasione che passa e che non tornerà più. Bisogna afferrarla e inserirla nella logica della storia. Dopo aver dunque reso omaggio agli uomini coraggiosi che hanno iniziato quest’opera e l’hanno fatta progredire, io penso che sia ora di esortarci tutti a compierla. È assolutamente necessario che il nostro compito non fallisca e che trovi nei nostri Paesi la collaborazione di tutte le forze democratiche e di rinnovamento sociale, e ridesti nello stesso tempo in tutti i nostri amici, particolarmente in America, la fede nei destini dell’Europa.