Lunedì 3 Febbraio 2025
Antonio Troise
Esteri

Dazi, gli effetti sull’Italia: “Cibo e meccanica a rischio. Ma esporteremo altrove”

L’economista Altomonte (Bocconi): le nostre aziende sapranno riposizionarsi. “L’Europa ha tante armi, deve evitare un accordo al ribasso con il tycoon”

Roma, 4 febbraio 2025 – Carlo Altomonte, docente di politica economica dell’Università Bocconi di Milano, non si fascia la testa per l’arrivo, probabile, dei dazi di Trump anche all’interno dei nostri confini. E non si sofferma solo sui rischi ma, soprattutto, sugli strumenti che l’Europa ha a disposizione per fermare l’offensiva americana sui mercati.

Carlo Altomonte, docente di politica economica dell’Università Bocconi
Carlo Altomonte, docente di politica economica dell’Università Bocconi

Professor Altomonte, quali sono i pericoli per l’Italia? Quali sono i settori più esposti?

“L’interscambio commerciale con gli Usa è di circa una settantina di miliardi all’anno. L’effetto sulla nostra economia varierà a seconda dall’entità delle tariffe che saranno decise dall’amministrazione americana. Ma non prevedo grandi scosse. Potremo perdere qualche miliardo di interscambio. E ci potranno essere imprese che soffrono di più. Ma credo che riusciranno a riposizionarsi sui mercati a patto di fare fronte comune e non scendere in piazza per protestare”.

Però, ci sono sicuramente settori più esposti.

“Si, solo per citare quelli più importanti, sono quelli dell’alimentare, la meccanica e l’automotive. Ma credo che le nostre aziende riusciranno a reagire e ad assorbire il colpo. Come hanno fatto, ad esempio, anche Paesi come il Kazakistan che hanno cominciato ad esportare mozzarella in Russia”.

Cosa succederà in Europa?

“Potrebbe subire, presto, lo stesso trattamento riservato al Canada. Ma se l’Europa non si divide e se riesce a fare fronte unico i nuovi dazi non ci faranno troppo male. Devo anche ricordare che il trattato europeo ha già dato alla Commissione la competenza sul commercio internazionale. Quindi, da questo punto di vista, dovremmo essere abbastanza tranquilli”.

Oltre alla possibilità di rispondere all’offensiva di Trump aumentando, a nostra volta, i dazi, quali sono le armi di cui disponiamo per contrastare la guerra commerciale?

“Ne abbiamo tante. Anzi, il rischio è di un accordo al ribasso con Trump: niente dazi a patto di non tassare le aziende americane. Sarebbe una fregatura. Perché le aziende digitali americane continuerebbero a sfruttare il “petrolio” dei dati europei senza pagarlo a dovere. In questo caso rischiamo di rinunciare a una cifra molto più alta rispetto all’eventuale danno dei nuovi dazi americani”.

Anche Trump, forse, dopo gli annunci della campagna elettorale, comincia a muoversi con maggiore cautela aprendo la strada delle trattative. Ieri ha congelato i dazi nei confronti del Messico in cambio di diecimila soldati ai confini. Con la Cina ha usato il guanto di velluto, con dazi più che dimezzati rispetto al Canada.

“L’amministrazione americana sa bene che Pechino può fare molto male sul fronte del trasferimento delle tecnologie, come ha dimostrato la vicenda DeepSeek. Dovremo abituarci, insomma, alla pratica dei due pesi e delle due misure a seconda del partner commerciale che gli Stati Uniti avranno di fronte. Ma, proprio per questo, l’Europa dovrà sedersi al tavolo delle trattative sapendo che ha delle armi micidiali da utilizzare. A partire dall’Antitrust. Armi che possono fare davvero male, a patto, però, di fare fronte comune evitando spaccature”.

Il Wall Street Journal ha scritto che quella di Trump è la più stupida guerra commerciale della storia. È cosi?

“Dipende dagli obiettivi. Se è quello di ridurre il deficit di bilancio americano e quindi di trovare le risorse per finanziare il taglio permanente delle tasse, come ha promesso Trump, allora i dazi potrebbero essere una soluzione efficace. Nel breve periodo faranno incassare agli Stati Uniti qualcosa come 1.500 miliardi di dollari. Ma, alla fine, sarà solo una partita di giro. Perché a pagare il prezzo di queste politiche saranno i cittadini. E, in particolare, i più poveri. I dazi porteranno, infatti, ad un aumento dell’inflazione dello 0,5% e a una lieve caduta del Pil”.