Roma, 4 febbraio 2025 - Stamane alle 6 italiane sono entrati in vigore i dazi Usa del 10% sui prodotti cinesi. E Pechino ha subito lanciato la sua rappresaglia annunciando tariffe del 15% sulle importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) e di carbone, il 10% sul petrolio e sull'import e macchinari per l'agricoltura dagli Stati Uniti. E come se non bastasse è in corso un'indagine antitrust contro Google. Infine ha presentato un reclamo all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) "per difendere i suoi legittimi diritti e interessi" in risposta all'aumento delle tariffe unilaterali volute da Trump.
Trump parlerà con Xi
Il presidente Usa ha fatto sapere che parlerà con il presidente cinese, Xi Jinping, questa settimana. Probabilmente Trump cercherà di trattare con Pechino come ha fatto con Canada e Messico, a cui ha congelato i dazi del 25% in vista di un accordo. Il tycoon è cosciente, e lo ha detto, che la guerra sui piani tariffari rischia di far aumentare i prezzi per milioni agli americani, mentre in campagna elettorale aveva promesso di ridurli, ma nella sala Ovale ai giornalisti che glielo facevano notare ha spiegato che le tariffe sono un mezzo "molto potente" sia per rafforzare economicamente gli Stati Uniti sia per "ottenere tutto il resto che si desidera".
La risposta di Pechino
Ma la Cina non accetta il 10% sui dazi imposto da Trump e ha subito risposto prendendo di mira il carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) con aliquote del 15%, più un'ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Inoltre il ministero del Commercio e l'Amministrazione generale delle dogane cinesi hanno annunciato maggiori e più severi controlli alle esportazioni "di articoli relativi a tungsteno, tellurio, bismuto, molibdeno e indio", e con effetto immediato "al fine di salvaguardare la sicurezza e gli interessi nazionali e di adempiere agli obblighi internazionali come la non proliferazione".
Google accusato di monopolio
Infine ha messo sotto inchiesta Google, "sospettato di aver violato la legge anti-monopolio della Repubblica popolare cinese". Pechino ha nel mirino anche il gruppo fashion Usa Pvh, con i brand Tommy Hilfiger e Calvin Klein, e il gigante biotech Illumina, al fine di "tutelare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo, in conformità con le leggi pertinenti", ha spiegato il ministero del Commercio.