Martedì 16 Luglio 2024
EDOARDO NARDUZZI*
Esteri

Cyber attacchi, se l’Iran arruola gli hacker russi tra le fila della sua armata cibernetica

Gli obiettivi delle nuove truppe informatiche sono le infrastrutture dell’Occidente. E la Terza guerra mondiale è già qui

Una convention informatica (Ansa)

Una convention informatica (Ansa)

Roma, 14 ottobre 2023 – Siamo ancora troppo abituati ad associare il concetto di guerra alle armi e alle morti tradizionali sul campo di battaglia per poter capire, facilmente, che la Terza guerra mondiale è già in corso. Non cadono bombe sulle nostre case e non vengono sparati missili o distrutti carri armati sul suolo europeo o su quello americano. L’Isola di Taiwan e, certo, accerchiata da continue esercitazioni militari cinesi ma non invasa fisicamente e così siamo portati a pensare che la guerra, in fin dei conti, non ci riguarda ancora direttamente. Sì, certo, la vediamo sui media o sui video dei social ogni giorno, ma lì le immagini sono solo quelle tradizionali di morti e della distruzione in Ucraina, Medio Oriente o nei paesi sub sahariani colpiti da recenti colpi di stato militari. Ci sentiamo sicuri nella nostra normalità di vita: certo, Odessa o Kiev sono bombardate quasi ogni giorno, ma la guerra è cosa loro non nostra.

Ed invece nello spazio digitale siamo già in guerra da tempo. È una sorta di terza guerra mondiale non dichiarata e non percepita che ogni giorno produce attacchi, reazioni e “vittime”. Ovvio, vittime immateriali o digitali, ma questo non significa che non siano importanti per la nostra sicurezza e le nostre libertà. Perché oggi si muore non solo sotto una bomba o un missile ma anche perché un mezzo di trasporto o una struttura altamente esplosiva vengono sabotate “da lontano”. Da quando è iniziata la campagna in Ucraina la cyber war ha assunto una nuova intensità mai registrata prima. Ma, dopo l’attacco dei terroristi di Hamas il 7 ottobre scorso, le incursioni cibernetiche sono aumentate, si sono acuite e sono diventate più mirate. Un produttore di armi avanzate di un paese della Nato, ad esempio, è stato oggetto di ripetuti attacchi la scorsa settimana e il fatto che adesso si puntino direttamente gli impianti che producono armamenti in Occidente segnala, senza necessità di spiegazioni, che l’obiettivo ricercato è quello di rallentare la produzione militare per impedire che gli arsenali, svuotati da quasi due anni di guerra in Ucraina, recuperino un livello di sicurezza ottimale.

Il salto di qualità viene dall’Iran che dispone di una vera e propria divisione cyber nel suo esercito e che è la seconda più attiva al mondo nel lanciare attacchi cyber. I cyber guerrieri iraniani sono specialisti nell’attaccare soprattutto le infrastrutture critiche dei nemici, acquedotti, reti elettriche, centrali, aeroporti o reti ferroviarie, e negli ultimi anni sono state rafforzate nelle competenze e nelle capacità dall’arrivo di molti cyber warriors russi. Oggi la falange digitale di Teheran può contare sul supporto di molti esperti e hacker di nascita russa, arruolati a tempo pieno, che le hanno sicuramente permesso di conseguire quel livello di qualità di attacco che l’azione terroristica di Hamas ha comunicato indirettamente al mondo. Una sorta di alleanza del male da dark web tra due delle principali armate cyber del pianeta.

La cyber war non produce sangue, ma è altrettanto sanguinosa. Ha come obiettivi dati, infrastrutture informatiche complesse, centri di storage, sistemi di trasmissione, traiettorie satellitari che, una volta distrutti o resi non più utilizzabili, sono costosi da riprodurre e ristabilire. L’Occidente non ha altra possibilità strategica che quella di prendere atto che una vera e propria guerra cibernetica è in corso e che, con modalità diverse, rimarrà sempre attiva in un mondo nel quale tra Usa, Cina e Russia le relazioni restano tese e tendenti al militare più che alla diplomazia. Quindi l’Occidente deve investire di più e meglio per proteggere le sue libertà pensando che nella stagione della AI cyber war gli attacchi alle infrastrutture critiche, non solo saranno continui, ma possono diventare devastanti in un batter d’occhio. La protezione di queste infrastrutture è la vera assicurazione sulla vita delle democrazie occidentali e per questo allearsi con 1,5 miliardi di indiani è una scelta obbligata. L’India è il colosso del tech emergente con sufficienti risorse umane per garantire allo scarso miliardi di cittadini europei e nordamericani di navigare da uomini liberi il secolo della cyber war.

* Amministratore delegato Mashfrog Group