L’Avana, 11 marzo 2025 – Il crollo del turismo a Cuba ha soprattutto un nome che a evocarlo fa paura agli abitanti della Isla Grande: apagones. Sono i black out elettrici che colpiscono tutta l’isola, e per molte ore, quando la domanda di consumo di elettricità è superiore all’offerta. Spesso sono improvvisi, la maggior parte delle volte è invece il governo che decide il cosiddetto “regime speciale di emergenza elettrica” che si esprime con una pianificazione di distacco a blocchi dell’erogazione.
La settimana scorsa ce ne sono stati un paio da ventiquattro ore l’uno in zone diverse, a dicembre ci fu un periodo nel quale la mancanza di corrente è stata programmata per 72 ore, tre giorni nei quali le derrate alimentari custodite nei frigoriferi sono marcite con danni incommensurabili per le sempre più povere famiglie cubane – molte incapaci di mettere assieme il pranzo con la cena - ma anche per gli operatori turistici, visto che il turismo dovrebbe essere il maggiore introito per le casse dello Stato. E proprio l’impatto negativo su questo settore sembra quello più grave che può decidere le sorti del Paese. Se continua la crisi del turismo, si apre un abisso per tutta l’economia cubana. I dati diffusi per il gennaio 2025 – che è un mese di alta stagione – dall’Istituto nazionale di statistica (Onei), e quindi dal regime, lo confermano. “Si tratta – commentano gli statistici – del dato peggiore dal 2022”. Cuba, infatti, ha ricevuto 196.004 visitatori internazionali in calo del 24,6% rispetto al 2024.

Il Canada si è confermato come il principale Paese di origine di turisti stranieri nel primo mese dell’anno con 88.980 vacanzieri, seguito da Stati Uniti (13.666), Russia (11.974), Germania (6.389) e Francia (4.561). Residuali gli italiani, che in tutto il 2023 raggiunsero l’isola in 52.865.
I cubani residenti all’estero in visita nel Paese di origine sono stati 21mila. Dopo avere mancato l'obiettivo dei 2,7 milioni di visitatori nel 2024 - fermo poco sopra i 2,2 milioni di turisti, in calo rispetto ai 2,4 milioni del 2023 - il governo si è posto l’obiettivo di raggiungere quota 2,6 milioni nel 2025, ma le previsioni in questo senso non sono certo positive. Sono numeri comunque lontanissimi da quelli registrati prima della pandemia di Covid: nel 2019 gli stranieri furono 4,2 milioni e a quel punto la vita a Cuba era tornata quasi normale anche se diverse manifestazioni per i diritti civili si erano comunque svolte.
Il padre di tutti gli apagones si chiama embargo che sull’isola è stato decretato sessant’anni fa dagli Stati Uniti e mai più revocato nonostante gli sforzi della presidenza Obama durante la quale furono riattivati i contatti diplomatici e i collegamenti diretti.
Con il primo Trump furono fatti passi indietro mentre Biden non ha avuto la forza di dare una parvenza di normalità ai rapporti fra i due Stati. E il nuovo governo di The Donald non fa certo nutrire fiducia agli osservatori, intanto perché con uno dei suoi primi famosi decreti esecutivi ha reintrodotto Cuba nella lista dei Paesi patrocinatori del terrorismo: facendo questo, ogni viaggiatore che si reca all’Avana o anche solo nei “cayos” per una vacanza di mare dovrà richiedere un visto speciale per entrare poi negli Stati Uniti. E non è detto che ottenerlo sarà facile. Anche gli italiani che scelgono Cuba per i loro viaggi sono diminuiti e per questo sono stati ridotti anche i voli aerei verso l’Isla Grande. Ne esiste al momento solo uno diretto di una compagnia tricolore sulla rotta Roma-Milano-Avana mentre quello che arrivava a Holguin, nell’est del Paese, è stato soppresso; anche Cubana de Aviacion è scesa a un collegamento. Le agenzie di viaggio si trovano quindi in difficoltà anche perché gli allarmi che arrivano dall’isola sono forti e non solo per quel che riguarda l’energia elettrica. Marco Incerpi è un operatore turistico che lavora a Cuba. “I problemi con l’energia elettrica sono grossi – dice -, l’approvvigionamento di carburante è sempre più difficile anche perché gli Stati sono restii a fare credito al governo cubano. Nelle agenzie di viaggio il calo di prenotazioni è sul 20 per cento e questo mette in grave crisi tutta l’economia cubana per la quale i soldi dei turisti e quelli delle rimesse dei cubani all’estero sono il primo fattore economico. La mia agenzia lavora con persone che vanno spesso a Cuba e forniamo soprattutto case ai nostri clienti; se ci sono i soldi per un turista non è difficile trovare da mangiare e i tassisti in qualche modo la benzina la trovano. Ma sugli alberghi ciò che ci torna come esperienza è che non vanno troppo bene”. Un discorso a parte riguarda i canadesi, che invadono sempre più l’isola dove ci sono strutture che praticamente accolgono solo loro che in molti casi portano da casa ogni cosa, liberi di farlo. “Ho parlato proprio in questi giorni con il responsabile di una struttura a Cayo Coco – dice Incerpi -; il resort è pieno fino a maggio quasi esclusivamente di canadesi, un boom che ricorda quello degli italiani negli anni Novanta ma che non si ferma”. Il Canada da anni considera quello di Cuba il mare di casa; meno di tre ore d’aereo separano Toronto dall’Avana e per un pensionato canadese è più conveniente pagare tre mesi in un all inclusive sull’isola che il riscaldamento a casa sua. Il problema di questo periodo traviato sta nella vita dei cubani più poveri. “C’è più tristezza nei loro occhi”, dice Incerpi. E c’è il rischio che la violenza possa invadere anche l’Isla Grande, nel passato solitamente tranquilla. Proprio in questi giorni è stata condotta una vasta operazione antidroga con sequestri nella capitale e in altre città di un nuovo stupefacente noto come “el quimico”, una mescolanza di marijuana, metanfetamina e altre sostanze tossiche. Il governo vuole combattere il narcotraffico, lo scorso anno i sequestri di cocaina e altra droga è stato di 1.051 chilogrammi. Il problema è che se sull’isola aumenta questo flagello, al contempo diminuiscono le medicine e le forniture sanitarie: Cuba è famosa per la sua sanità pubblica, ha esportato personale espertissimo in tutto il mondo ai tempi del Covid ma se ora un turista si reca alla Clinica Internazionale dell’Avana, uno dei centri più rinomati all’estero, trova sì medici bravissimi che lo curano come possono perché attrezzature e farmaci sono latitanti. Come la gente sta prendendo tutto questo? Il disagio è forte. Nei giorni scorsi il presidente Miguel Diaz-Canel, il primo non appartenente alla famiglia Castro e che non era ancora nato ai tempi della Rivoluzione (conclusasi il 1° gennaio 1959, lui è del 20 aprile 1960) è apparso in pubblico con un braccio al collo. La spiegazione ufficiale è che se l’è rotto cadendo in casa, quella che circola in Calle Obispo è che sia stato affrontato da un cittadino infuriato perché senza cibo e che sia stato percosso. Qualsiasi spiegazione non esclude una condizione negativa. “Portiamo soldoni – invoca Incerpi – per evitare tracolli e violenze anche maggiori”. Ma la situazione che aspetta i cubani anche per questo 2025 non sembra potersi tingere di rosa.