Lunedì 17 Marzo 2025
Riccardo Jannello
Esteri

Crisi a Cuba, l’imprenditore italiano che vive sull’isola: “Da 30 anni le stesse difficoltà, non vedo sommosse all’orizzonte”

Il pesarese Fabrizio Quaranta: “Il blocco commerciale e finanziario indurito con le misure coercitive di Trump, ma il popolo resta unito e lotta a fianco del governo. La ribellione ai dazi verso Ottawa spinge i canadesi a non fare le vacanze in America e a venire a L’Avana”

Turismo in crisi a Cuba

Turismo in crisi a Cuba

L’Avana, 17 marzo 2025 – Fabrizio Quaranta, pesarese, è un imprenditore la cui azienda di forniture per arredamento lavora molto con Cuba dove vive frequentemente. Quaranta, la crisi economica nell’isola si sente? “Da trent’anni lavoro a Cuba e all’incirca c’è sempre la stessa difficoltà dovuta al blocco economico, commerciale e finanziario che ora gli Stati Uniti hanno indurito con le misure coercitive di questi giorni decretate da Trump”. Il presidente Usa ha definito Cuba “Stato patrocinatore del terrorismo”: è così? “Ma non facciamo ridere, è una c..... pazzesca. Si può dire di tutto dei cubani ma sono tranquilli. Certo la misura di Trump danneggia tutto il popolo”. E come reagisce il popolo alle crescenti difficoltà economiche? “Restando unito e lottando giornalmente a fianco del governo”. Ma c’è un problema di costi per i cubani? “Non superiore al passato, da quando il cibo è diventato carissimo e l’inflazione galoppante a causa del cambio di moneta legata al dollaro. E poi c’è stato il Covid: qui hanno chiuso tutto, proprio tutto anche in modo esagerato e il Paese l’ha pagato pesantemente”. Veniamo al turismo, meno italiani ma tantissimi canadesi: come lo spiega? “Facile: la ribellione ai dazi di Trump verso Ottawa spinge i canadesi a non fare le vacanze in America ma arrivare a Cuba dove comunque storicamente sono i leader”. Ma ci sono problemi per l’accoglienza? “Ci sono alti e bassi, ma gli hotel sono attrezzati e ce ne sono tanti nuovi. Sono forse cambiati gli utenti e l’orizzonte si è spostato a est, ci sono molti russi, polacchi, cinesi, ma anche messicani che spendono assai meno che in patria. Certo, per recuperare i numeri di prima soprattutto quello degli europei ci vuole tempo, ma io sono ottimista perché vedo che le richieste nel mio settore ci sono e le aziende pagano, anche se in tempi un po’ lunghi”. Quaranta, ma lei è ottimista? “Io dico che di momenti difficili ne ho visti tanti e che Cuba è un paese di contraddizioni: i salari sono bassi anche se non c’è un evidente problema di occupazione, ma le file nei negozi sono estenuanti, il carburante va e viene, le materie prime non sempre sono disponibili. Comunque i cubani possono sempre puntare sulle rimesse dei connazionali all’estero”. Se dovesse giudicare la situazione generale, come la definirebbe? “La gente è ancora in maggioranza dalla parte del governo, l’esercito è fedele e non si temono sommosse; l’ingresso nei Brics, i paesi emergenti, è sicuramente un’opportunità. Io ci credo e continuo a lavorare qua: spero di non rimanere deluso, anche se, ripeto, da trent’anni la situazione non è mai stata economicamente tranquilla”.