Sabato 8 Febbraio 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Cpi Alta tensione Usa-Ue

Europa schierata contro le sanzioni . Ma l’Italia rompe il fronte anti-Trump. .

Europa schierata contro le sanzioni . Ma l’Italia rompe il fronte anti-Trump. .

Europa schierata contro le sanzioni . Ma l’Italia rompe il fronte anti-Trump. .

Non c’è pace per la Corte Penale Internazionale dell’Aja. Da arbitro supremo nelle grandi controversie internazionali a imputato, costretto a subire le ire del presidente Trump. La comunità internazionale è spaccata, con l’Italia che, a causa del caso Al-Masri e forse anche per ragioni di opportunità atlantiche, si sfila dal coro di critiche.

L’IRA DELLA CASA BIANCA

Due giorni fa, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato l’ennesimo ordine esecutivo. Questa volta ha preso di mira la Corte Penale Internazionale dell’Aja, il principale tribunale internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità infliggendo sanzioni. In concreto, il provvedimento vieta l’ingresso negli Stati Uniti ai funzionari, dipendenti e agenti della Cpi, nonché ai loro familiari più stretti e a chiunque abbia collaborato con la Corte nelle sue indagini. Il decreto prevede anche il congelamento di tutti i loro beni negli Stati Uniti.

Il motivo dell’attacco è il mandato di arresto internazionale emesso lo scorso novembre nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e dell’ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. Anche il predecessore di Trump, Joe Biden, ha criticato la decisione della Cpi. Nel testo dell’ordine esecutivo si legge che "la Corte ha intrapreso azioni illegali e prive di fondamento contro l’America e il nostro stretto alleato Israele".

IL GRAZIE DI TEL AVIV

Il gesto del tycoon è stato accolto con favore solo da un Paese: Israele. Netanyahu ha usato X, il social di Elon Musk, per ringraziare Trump. "Grazie, presidente Trump, per il suo coraggioso ordine esecutivo sulla Cpi. Difenderà l’America e Israele da un tribunale corrotto, antiamericano e antisemita, che non ha alcuna giurisdizione o base per impegnarsi in azioni legali contro di noi". La firma dell’ordine esecutivo è arrivata a poche ore dalla visita di Netanyahu negli Stati Uniti, durante la quale il presidente americano ha rilasciato dichiarazioni controverse sul trasferimento della popolazione palestinese da Gaza. Molti governi internazionali hanno interpretato le sue parole come un’aperta giustificazione della deportazione e come un tentativo di pulizia etnica. Vale la pena ricordare che né gli Stati Uniti né Israele hanno aderito allo Statuto di Roma, il trattato che ha istituito la Cpi.

UNA DIFESA (QUASI) CORALE

Sebbene la Corte Penale Internazionale sia un organismo indipendente dalle Nazioni Unite, ben 79 Paesi aderenti hanno condannato le decisioni della Casa Bianca. Lo ha dichiarato la stessa Cpi, precisando che "l’organizzazione è al fianco del proprio personale e si impegna a continuare a offrire giustizia e speranza a milioni di vittime innocenti di atrocità in tutto il mondo". A difendere il tribunale con sede all’Aja si è schierata (quasi) tutta l’Unione Europea. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, durante la sua visita a Danzica, ha dichiarato: "La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale. L’Europa sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale".

LA POSIZIONE ITALIANA

Nel coro di solidarietà, spicca il silenzio del governo italiano, ancora coinvolto nel caso Almasri, il criminale libico rimpatriato con un volo di Stato nonostante l’Aja ne avesse chiesto l’arresto con un mandato che, secondo Roma, presentava vizi di forma e quindi era inapplicabile. Tra i firmatari della dichiarazione congiunta dei 79 Paesi membri della Cpi, che critica le sanzioni statunitensi, ci sono i big dell’Ue (Germania, Francia, Spagna) e il Regno Unito, ma non l’Italia. Secondo la voce che circola tra i parlamentari della maggioranza, Roma ha ritenuto poco saggio entrare in una diatriba nata per censurare la decisione Usa di sanzionare alcuni membri della corte coinvolti nel procedimento contro Israele. La stessa posizione è stata assunta da Giappone, Australia, Corea del Sud e Repubblica Ceca. La dichiarazione sostiene che "le sanzioni comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo, aumentando il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciando di erodere lo stato di diritto internazionale".