Sabato 21 Dicembre 2024
ANTONIO DEL PRETE
Esteri

Cosa sta succedendo in Israele: i perché della guerra con la Palestina in breve. La mappa

Dalla risoluzione dell’Onu del 1947 ai negoziati di pace del 1993, fino alla radicalizzazione della Striscia di Gaza. I fattori che hanno portato all’attacco di Hamas

Roma, 11 ottobre 2023 – È una storia di guerra quella dei rapporti tra Israele e Palestina. Le cause del conflitto di oggi, scatenato dall’attacco di Hamas, hanno radici lontane e origini più recenti.

Israele e Palestina: le tappe della guerra
Israele e Palestina: le tappe della guerra

L’idea di uno Stato ebraico

L’antisemitismo che infesta l’Europa nel XIX secolo e le persecuzioni che ne derivano spingono molti ebrei a tornare in Palestina. Si sono stanziati nel Vecchio continente secoli prima, dopo la diaspora. Ed è sempre in Europa che agli inizi del ‘900 prende corpo il movimento sionista, ispirato dalla teoria del giornalista austriaco Theodor Herzl sul diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico.

Un’idea raccolta nel 1917 dalla cosiddetta Dichiarazione Balfour, ossia la lettera inviata dal ministro degli Esteri britannico dell’epoca al sionista Lionel Walter Rothschild. Parole con le quali un membro di spicco del governo di Sua Maestà si dichiara favorevole alla creazione di un “focolare nazionale ebraico” in Palestina. Una promessa.

Il Mandato britannico in Palestina

L’anno dopo, infatti, finisce la Prima Guerra mondiale, e nel 1920 si tiene la Conferenza di Sanremo, che smembra i possedimenti dello sconfitto Impero Ottomano e dà inizio al Mandato britannico in Palestina. Gli arabi che vivono da quelle parti non la prendono bene, si scatenano moti di protesta contro gli inglesi e la comunità ebraica locale, negli anni divenuta sempre più numerosa.

Alla fine del Secondo conflitto mondiale Londra getta la spugna. La complessità della situazione e i problemi economici che deve affrontare per la ricostruzione post-bellica inducono il governo britannico a rimettere il Mandano alle Nazioni Unite. E nel 1947 una risoluzione Onu definisce per la prima volta la soluzione dei due Stati: uno ebraico e uno arabo.

Israele e Palestina: le tappe della guerra
Israele e Palestina: le tappe della guerra

Nasce lo Stato d’Israele

Ma l’idea non piace alla comunità araba, e la tensione sale. Dalla guerriglia si passa alla guerra vera e propria. Il fuoco si accende dopo la Dichiarazione di indipendenza di Israele. È il 1948. Gli eserciti di Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq attaccano lo Stato ebraico. La loro sconfitta si consuma in un anno appena: Israele occupa il 78% della Palestina; sostanzialmente tutto il territorio tranne Cisgiordania e Gaza.

L’occupazione di Gaza e Cisgiordania

Seguono tre decenni scanditi da conflitti, il più importante dei quali è la Guerra dei Sei giorni. Gli attori in campo sono i soliti, i tempi delle ostilità effimeri. In appena sei giorni l’esercito israeliano ricaccia indietro le truppe di Egitto, Giordania e Siria. Lo Stato ebraico occupa Gaza e Cisgiordania. La risposta palestinese è un maggiore attivismo politico. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) nasce in questi anni con lo scopo di mettere insieme le sigle esistenti.

Entra in scena Hamas

Vent’anni dopo l’aria torna incandescente. I tumulti dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania crescono di intensità fino a diventare una sollevazione popolare contro l’occupazione israeliana. È la Prima Intifada (rivolta, in arabo). È questo il contesto in cui vede la luce Hamas (Movimento islamico di Resistenza), un’organizzazione politico-militare che scrive nel suo statuto l’obiettivo della cancellazione di Israele e la creazione dello Stato islamico di Palestina.

I negoziati di pace

Gli anni Novanta cominciano nel segno del dialogo. Nel 1993 il premier israeliano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat firmano, con la benedizione di Bill Clinton, gli accordi di Oslo. Sulla carta si persegue la soluzione dei due popoli e due Stati, in pratica viene creata l’Autorità nazionale palestinese (Anp).

Israele e Palestina: le tappe della guerra
Israele e Palestina: le tappe della guerra

La Seconda Intifada

Ma appena tre anni dopo, l’ascesa al governo di Benjamin Netanyahu blocca i negoziati. Le chiusure e le politiche repressive della destra israeliana generano malcontento tra i palestinesi. Il quinquennio 2000-2005 vede scorrere il sangue della Seconda Intifada. Nel 2002, peraltro, Israele costruisce un muro in Cisgiordania per separare i propri territori da quelli palestinesi, controllare gli spostamenti e impedire attacchi terroristici. Una mossa che viola i confini del 1967 e peggiora le condizioni della popolazione araba nei territori occupati dagli ebrei.

Gaza si radicalizza

Nel 2007 Israele si ritira dalla Striscia di Gaza, ma blocca le frontiere e gli accessi via mare e dal cielo, creando una sorta di terra-prigione il cui sviluppo è impossibile. Tanto che oggi l’80% della popolazione locale vive grazie agli aiuti umanitari e la disoccupazione sfiora il 50%. La disperazione alimenta l’odio e gonfia i consensi dei gruppi più oltranzisti. Non a caso in questi mesi Hamas vince le elezioni e prende il controllo della Striscia.

Hamas attacca Israele

Intanto, Israele persegue una politica di normalizzazione con i Paesi arabi dell’area. Così, nel 2020 si siede al tavolo con Emirati, Bahrein e Marocco per siglare gli Accordi di Abramo. Sul fronte interno, invece, le tensioni salgono, tanto che il 2022 è l’anno più sanguinoso per i palestinesi che vivono in Cisgiordania dai tempi della Seconda Intifada. E il 2023, alla fine, sarà anche peggio. La cronaca di questi giorni è nota: Hamas, con la regia iraniana, attacca Israele approfittando dell’effetto sorpresa e dell’impreparazione del Paese. L’obiettivo principale? Sabotare la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita.

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