Lunedì 23 Dicembre 2024
REDAZIONE ESTERI

Coronavirus, è tedesco il presunto 'paziente 1' in Europa

Il primo caso di contagio segnalato a Monaco di Baviera il 24 gennaio scorso. Capua: "Va sfatato il mito che l'Italia abbia diffuso il virus"

Il virus Sars-CoV2 (Ansa)

Roma, 5 marzo 2020 - Il primo contagio da coronavirus in Europa è da ricondursi a un tedesco di 33 anni. A scriverlo è il 'New England Journal of Medicine', in un articolo pubblicato oggi in cui ricostruisce i dettagli del caso. L'uomo aveva manifestato i primi sintomi il 24 gennaio scorso dopo aver incontrato (tra il 19 e il 22 gennaio) una collega cinese presso la sua azienda, a Monaco di Baviera. La donna, che in un primo momento era stata definita asintomatica, si era poi sentita male rivelando la positività al virus 2019-nCov il 26 gennaio, cioè una volta rientrata in Cina. 

Da qui i test sui colleghi tedeschi compreso il 33enne. Quest'ultimo - definito appunto il 'paziente 1' (in Germania e forse in Europa) - si era ammalato (con mal di gola, brividi e mialgia) il 24 gennaio, sviluppando il giorno seguente febbre di 39,1°C, insieme a una tosse. La sera del giorno successivo, ha iniziato a sentirsi meglio tornando quindi al lavoro il 27 gennaio. 

Il 28 gennaio, altri tre dipendenti dell'azienda sono risultati positivi. Di questi, solo uno aveva avuto contatti con il 'paziente indice'; gli altri due pazienti avevano avuto contatti solo con il 'paziente 1'. In accordo con le autorità sanitarie, tutti i pazienti con infezione confermata sono stati ricoverati in un'unità di malattie infettive di Monaco per il monitoraggio clinico e l'isolamento.

A Berlino svuotati gli scaffali di saponi liquidi nei supermercati (Ansa)
A Berlino svuotati gli scaffali di saponi liquidi nei supermercati (Ansa)

"E' da notare - annotano i medici firmatari dell'articolo - che l'infezione pare sia stata trasmessa durante il periodo di incubazione, quando i sintomi erano lievi e non specifici. In questo contesto il fatto che il virus sia stato trovato in quantità rilevanti nell'espettorato dell'uomo anche nel suo periodo di convalescenza pone il problema della trasmissibilità del virus anche dopo il termine dei sintomi, sebbene tale carica virale rilevata con il test sia ancora da confermare attraverso una coltura del virus".

Una mappa che ricostruisce una sorta di albero genealogico del virus è stata pubblicata anche sul sito Netxstrain, fondato e diretto dal gruppo guidato da Trevor Bedford, del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle. Secondo questa mappa il focolaio tedesco potrebbe avere alimentato silenziosamente la catena di contagi al punto da essere collegato a molti casi in Europa e in Italia. Analizzando il percorso e le mutazioni genetiche del coronavirus, infatti, gli studiosi hanno rilevato che è entrato in Europa più volte. "Dal primo febbraio circa un quarto delle nuove infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, come i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di Monaco", rileva Bedford.

"Va sfatato il mito che l'Italia abbia diffuso il virus", ha detto all'Ansa la virologa Ilaria Capua, direttrice del centro 'One Health' dell'università della Florida. Sulla base delle oltre 150 sequenze genetiche dei coronavirus finora pubblicate, la scienziata spiega che a partire dall'epicentro dell'epidemia in Cina, il Covid-19 ha seguito tra vie per diffondersi nel resto del mondo: una diretta in Europa, una verso gli Stati Uniti e la terza verso Sud, verso Corea e Australia. "Il dato evidente è che la dinamica dell'infezione in Europa è diversa da quella raccontata finora - ha proseguito Capua - . È comunque inutile cercare ancora di rintracciare il paziente zero: potrebbe essere uno, ma potrebbero essere centinaia. Quello che sappiamo è che il nuovo coronavirus è arrivato in Europa dalla Cina probabilmente in gennaio, portato da centinaia di persone". "Adesso stiamo cercando di ricostruire gli ingressi multipli in Europa grazie alle sequenze genetiche", ha concluso la virologa.