Mercoledì 4 Dicembre 2024
REDAZIONE ESTERI

Corea del Sud nel caos. Il leader: legge marziale. Dietrofront dopo gli scontri

L’atto del presidente Yoon "per proteggere il Paese dai comunisti nordcoreani". Esplodono le proteste e interviene l’esercito, poi il voto decisivo del Parlamento.

Corea del Sud nel caos. Il leader: legge marziale. Dietrofront dopo gli scontri

L’atto del presidente Yoon "per proteggere il Paese dai comunisti nordcoreani". Esplodono le proteste e interviene l’esercito, poi il voto decisivo del Parlamento.

Era una sera come tutte le altre nella Corea del Sud, quando il presidente della Repubblica, Yoon Suk Yeol, ha fatto la sua comparsa in televisione e ha cambiato per qualche ora la vita di oltre 51 milioni di persone, annunciando l’entrata in vigore della legge marziale di emergenza. Parole che hanno scatenato le proteste prima del dietront finale. Inzialmente il Capo di Stato ha affermato che la misura si è resa necessaria per "proteggere il Paese dalle forze comuniste" ed "eliminare gli elementi anti-Stato". "Senza riguardo per i mezzi di sostentamento del popolo, il partito di opposizione ha paralizzato il governo solo per il bene dell’impeachment, di indagini speciali e per proteggere il loro leader dalla giustizia", ha spiegato il presidente.

Il Parlamento sudcoreano si è riunito subito in sessione plenaria d’urgenza e ha approvato all’unanimità una risoluzione per abolirla. Il capo dell’esercito Park An-su era già stato nominato comandante della legge marziale. Il suo primo provvedimento è stato proprio un decreto che vietava tutte le attività politiche, Parlamento incluso, nonché le proteste e le attività dei partiti politici. E il giro di vite riguardava tante professioni che impattano direttamente sulla vita civile del Paese. Tutti i media, gli editori e i giornalisti erano stati messi sotto controllo. Precettati anche i medici tirocinanti in sciopero affinché tornassero immediatamente al lavoro entro 48 ore. Arresti e perquisizioni potevano essere condotte anche senza mandato.

Il casus belli che ha portato a questa decisione così drastica, è la legge di bilancio, che vede da giorni un duro confronto fra il Partito Potere al Popolo, al governo, e il Partito Democratico, all’opposizione. Ma alcuni commentatori hanno parlato di un presidente in difficoltà dopo aver perso le elezioni che si sono tenute all’inizio dell’anno e che hanno portato alla formazione di un governo di minoranza. Yoon Suk Yeol, poi, nel Paese è criticato per più di un motivo. Sua moglie è stata accusata di essere coinvolta nella manipolazione dei prezzi delle azioni e di aver accettato una borsa di lusso in regalo. I più severi hanno accusato Yoon Suk Yeol di "aver giocato sporco" con una legge marziale che sembrava più un tentativo di assicurarsi la permanenza al potere. Il fatto, poi, che gli Usa, per loro ammissione abbiano dichiarato di non essere stati avvisati (Washington ha subito invitato Seul a rispettare il valore dell’Assemblea), rendeva il motivo "anti-comunista" ancora meno credibile, usato più come pretesto che come motivazione reale. Gli stessi quotidiani hanno fatto notare che nulla faceva presagire una misura del genere.

Secondo la Costituzione, la legge marziale per diventare effettiva ha bisogno di essere approvata dal Parlamento, che però ha votato contro all’unanimità. A Seul in migliaia si sono presentati davanti alle porte sprangate dell’Assemblea scandendo slogan contro il presidente e chiedendo la revoca della legge marziale. Testimoni hanno raccontato di un’evidente difficoltà emotiva da parte delle forze dell’ordine nel respingere i manifestanti. Dopo qualche ora Yoon ha annunciato la revoca della legge marziale bocciata dai deputati e la protesta è diventata una festa. Tranne che per il presidente Yoon Suk Yeol, il cui destino politico è ora quanto meno incerto.

Marta Ottaviani