Sabato 23 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Cop29 a rischio flop: ora l’obiettivo è un accordo low profile. Il ruolo della Cina

Malumore tra i delegati. Ben 335 associazioni non governative chiedono al gruppo negoziale G77+Cina, che raggruppa 134 paesi in via di sviluppo, di non firmare “un pessimo accordo”

AZERBAIJAN CLIMATE CHANGE CONFERENCE COP29

Il padiglione Cina alla Cop29 di Baku (Epa/Ansa)

Baku, 23 novembre 2024  – Trattativa dura a COP29. Sforata la chiusura ufficiale che era prevista ieri – un classico nelle negoziazioni climatiche che normalmente proseguono per ore o anche giorni dopo la chiusura teorica – i delegati dei 198 paesi che partecipano al negoziato hanno esaminato per tutta la notte e poi trattato con le controparti il documento sulla finanza climatica reso noto ieri dalla presidenza.

La prossima plenaria è prevista alle 19 ora di Baku, le 16 ora italiana, e la quasi certezza è che se il negoziato continuerà, e non è detto, sarà sulla nuova bozza che sta preparando la presidenza, e si estenderà per buona parte della notte e magari proseguirà domani mattina. L’obiettivo della presidenza azera è chiudere comunque, anche con un accordo di basso profilo. 

La bozza ‘vecchia’

Il documento negoziale della ‘vecchia bozza’ invita a mobilitare 1.3 trilioni di dollari  –  un invito puramente di facciata – e poi decide di mettere sul piatto 250 miliardi di dollari di investimenti pubblici e privati provenienti dai paesi ricchi. Sembra molto, a fronte dei 100 miliardi teorici decisi dalla conferenza di Copenaghen del 2009 ma raggiunti davvero solo nel 2022, ma in realtà i paesi in via di sviluppo chiedevano almeno 1 trilione di dollari per adattarsi al cambiamento climatico e per lavorare alla mitigazione, ovvero al taglio delle emissioni.

Le ong ai Paesi in via di sviluppo: “Non firmate l’accordo”

Il documento è frutto di un compromesso tra Ue e altri paesi sviluppati come Giappone, Canada, Australia ed è stato discusso nel dettaglio con la Cina. Ma è considerato ancora troppo debole ed è stato duramente criticato da molti paesi in via di sviluppo e dalle Ong, 335 delle quali oggi hanno fatto un passo forte invitando il gruppo negoziale G77+China, che a dispetto del nome unisce ben 134 paesi, a non firmarlo.

"Se a questa COP non verrà proposto nulla di abbastanza forte – scrivono –  vi invitiamo a lasciare il tavolo dei negoziati per combattere un altro giorno, e noi condurremo la stessa battaglia". "Noi vi sosteniamo con tutto il cuore nel respingere l'attuale testo negoziale. Questo testo è assolutamente inaccettabile e consente ai paesi sviluppati di liberarsi completamente dai loro obblighi in termini di finanziamento della lotta contro il cambiamento climatico per i paesi in via di sviluppo".

La nuova bozza

Una nuova bozza, non ufficiale, è circolata attorno alle 14 ora di Baku e per molti versi è quasi uguale alla precedente. E’ identica nei due numeri chiave di 1.3 trilioni e 250 miliardi di dollari. Cambia invece il punto 9, che interessa la Cina: i paesi in via di sviluppo non sono più “invitati” a partecipare ma solo “incoraggiati” e sparisce ogni riferimento ai contributi supplementari all’obiettivo, i contributi sono solo su base volontaria. 

"Il nuovo testo  – commenta Italian climate network  – sembra un bozza di lavoro. Significative però le aggiunte. Da un lato si blinda l’articolo 9 di Parigi, quindi la divisione tra chi deve pagare e chi può farlo su base volontaria. Dall’altro si cercano di limitare i riferimenti alla mobilitazione di una finanza che ad oggi non esiste tramite la riforma delle banche multilaterali di sviluppo tramite una decisione COP che teoricamente non dovrebbe per mandato interferire nelle politiche di enti terzi. E’ un testo più debole nel suo complesso, visto che i numeri non cambiano,  ma con un peso maggiore della posizione del Global South. Non sarà l’ultimo testo”. 

Trattative ad oltranza

E infatti si tratta ancora. L’Ue vuole un accordo ed è disponibile a fare ulteriori concessioni, in un range però limitato, grossomodo alzando l’offerta da 250 a 300 miliardi di dollari da raggiungere entro il 2035, questo in cambio di concessioni su altri punti. Sull’innalzamento da 250 a 300 miliardi altri paesi sviluppati (tra i quali Giappone, Svizzera e Nuova Zelanda) non sono però della stessa idea. “L’esito della COP resta incerto” ha commentato il commissario Ue Wopke Hoekstra.

Il ruolo della Cina

E così tutto resta in bilico e il rischio concreto, se nessuno farà un passo in avanti dalle proprie posizione, è che finisca come a Copenaghen nel 2009, con un clamoroso fallimento. Molto dipenderà dalla Cina, che ha gli strumenti, anche economici, per convincere i paesi in via di sviluppo del suo gruppo negoziale e potrebbe aprire all’accordo nell’ottica di diventare, assieme all’Unione Europea il nuovo centro gravitazionale delle trattative climatiche, approfittando della prossima uscita dell’America di Trump dall’accordo di Parigi. Sarebbe una mossa da grande potenza lungimirante e Pechino certe ambizioni le ha.