
Studenti in piazza: stop corruzione. Oltre 20 arresti
Una delle manifestazioni popolari più imponenti degli ultimi anni ha invaso Belgrado, dove oltre 100mila persone sono scese in strada per protestare contro il governo serbo e il presidente Aleksandar Vucic, accusati di favorire la corruzione dilagante, di esercitare scarsa democrazia e di controllare i media. Vucic è ritenuto dai manifestanti il responsabile morale della morte di 15 persone nel crollo del primo novembre scorso, alla stazione di Novi Sad, di una tettoia appena costruita. Le cause della tragedia, secondo gli oppositori di quello che viene definito come un vero e proprio regime, sono da ricercare nell’incuria e negli scarsi controlli da parte di funzionari corrotti.
La sciagura ha colpito al cuore l’intero Paese e ha dato il via alla mobilitazione e alla protesta degli studenti fino alla piazza di ieri. La protesta si è andata infatti via via espandendo ottenendo l’appoggio di altre categorie di lavoratori, delle forze di opposizione e di quei cittadini insoddisfatti dalle politiche del governo serbo, in particolare nelle città, con raduni, cortei e blocchi stradali all’ordine del giorno.
In un’atmosfera di alta tensione e in una città blindata con la massiccia presenza di agenti in assetto antisommossa per i timori di scontri e violenze paventati alla vigilia dalle autorità, le decine di migliaia di manifestanti – in tanti sono giunti nella capitale da diverse altre città con ogni mezzo, anche in bicicletta e a piedi – si sono mossi in corteo sin dal mattino da vari punti della città raggiungendo in centro la spianata antistante il parlamento e la Piazza Slavija, luoghi designati per il programma principale della giornata di protesta.
In un clima di tensione crescente, il timore del governo per incidenti tra i manifestanti e le forze di sicurezza è stato palpabile dal dispiegamento di agenti, nonostante il movimento di protesta senza leader sia largamente pacifico. Del resto, nei giorni scorsi Vucic, aveva previsto che i manifestanti "cercheranno di ottenere qualcosa con la violenza e questa sarà la fine: molti finiranno dietro le sbarre. In realtà, i dimostranti non chiedono le dimissioni di politici - il premier al momento dell’incidente ed ex sindaco di Novi Sad, Milos Vucevic ha già lasciato - ma il rispetto dello stato di diritto, istituzioni trasparenti e che chiunque sia ritenuto responsabile venga punito secondo la legge. "Dovrete uccidermi se mi volete sostituire", ha tuonato nei giorni scorsi Vucic mentre i suoi sostenitori hanno allestito una sorta di accampamento in un parco di fronte al palazzo presidenziale.
Alla fine in piazza si sono viste innumerevoli le bandiere della Serbia, ma anche vessilli di altro genere, dai nazionalisti di destra all’ultrasinistra, ai movimenti ecologisti e ai club sportivi. Secondo lo stesso Vucic almeno 56 persone ieri sono rimaste ferite, non in modo grave, mentre 22 dimostranti sono stati arrestati con l’accusa di violenze contro la polizia.