Roma, 12 dicembre 2022 - L’orrore per le arbitrarie condanne a morte pronunciate dai tribunali speciali dell’Iran contro i giovani che hanno partecipato alle proteste per la repressione del regime continua a incendiare il Paese. L’impiccagione del giovane manifestante Mohsen Shekari di 23 anni avvenuta l’8 dicembre sembra una goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ieri altre due esecuzioni sono state prima sospese poi rinviate. Si tratta dell’ex calciatore Amir Nasr-Azadani, di 26 anni, e del coetaneo attore teatrale Hossein Mohammadi. Entrambi detenuti dopo essere stati ai cortei dilagati in Iran in seguito alla morte di Mahsa Amini, uccisa per il velo scostato dai capelli e divenuta il simbolo della rivoluzione per i diritti a Teheran. Per i giudici della Repubblica islamica, anche l’ex calciatore e l’attore sono due "traditori, hanno compiuto atti di guerrà, hanno minato la sicurezza del popolo e quindi meritano di morire". La loro sorte resta dunque sospesa.
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A scendere in campo questa volta sono i genitori e le nonne dei condannati che chiedono clemenza, anche attraverso i social, dove invocano la fine dell’uccisione dei giovani iraniani. Il regime prende tempo ma mantiene il clima di terrore. I giovani delle università non vogliono più fermarsi e lanciano in rete con video e messaggi una vera sfida all’obbligo del velo e contro la violenza della polizia. A risparmiare per ora la vita di Madani sarebbe stato la dichiarazione del poliziotto ferito nei disordini il quale ha affermato "io lo perdono". Per la star del teatro Hossein Mohammadi si è mobilitata anche l’attrice francese Juliette Binoche: ha lanciato un grande messaggio di solidarietà diventato virale. Due attrici e un regista colpevoli di aver girato un documentario senza velo sono riusciti invece a lasciare il carcere su cauzione.
Può darsi che queste misure-palliativo del regime mirate a un allentamento delle brutalità abbiano un effetto, mentre sui tribunali speciali è fortissima la pressione a livello internazionale e al tavolo delle Nazioni Unite. I Guardiani della rivoluzione sanno che con la loro condotta potrebbero danneggiare i difficili negoziati sul progetto nucleare con gli Usa. Se invece l’accordo dovesse andare in porto avrebbe lo scopo di allentare anche le sanzioni economiche sul regime.
L’America di Joe Biden intanto non sta a guardare. Vuole tornare al tavolo del nucleare, ma non fa concessioni sulle condanne a morte. Il regime in altre parole cerca di sfruttare la politica del terrore per evitare che le proteste si ripetano quotidianamente in ogni città dell’Iran, ma il vaso di pandora si potrebbe essere rotto rovesciando sulle piazze anni di repressione interna silenziosa e violentissima. I giovani iraniani guidati dalle donne stanno lanciando un segnale al mondo. Vogliono che il mondo guardi e non si illuda, ma sono anche i primi a insistere per il rispetto dei diritti umani costati la vita a tanti loro coetanei, orgogliosi di mostrare il volto scoperto ai miliziani e alla polizia che li reprimeva. Se le nonne iraniane con le loro preghiere, i padri e i figli adesso chiedono che ai condannati venga risparmiata la vita, il regime farebbe bene ad ascoltare e a non accusarli di “tradimento” perché il mondo non è dalla loro parte e non ci passerà mai.
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