Il negoziato? Corre sul filo. Telefoni incandescenti nel quadrilatero Strasburgo-Roma-Tripoli–Woodstock. Senza tante fanfare, per tutta la giornata, Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni, cercano una soluzione che permetta a FdI di votare a favore della ricandidata alla presidenza della Commissione. Nemmeno la missione in Libia e poi lo scalo in Gran Bretagna dove oggi la premier italiana partecipa al vertice della comunità politica europea ostruisce il canale di dialogo. Stamani all’una si vota per il bis di Ursula e la leader tricolore spera ardentemente di votare a favore, ma per farlo ha bisogno di un appiglio. "Decideremo solo dopo aver sentito il suo discorso", ripetono i suoi parlamentari. Sperano in un passaggio nelle 40 pagine di linee guida che la candidata ha limato fino all’ultimo, o almeno in una frase che permetta di giustificare il sì con una sterzata sulla politica ambientale, chiesta anche dai popolari con Tajani: "Mi auguro sia rieletta, ma von der Leyen deve cambiare posizione sull’ambiente".
Alla presidente uscente e che spera di rientrare subito servirà una dose massiccia di virtuosismo diplomatico. Solo una conferma quanto più sostanziale possibile del Green Deal le porterà in dote il grosso dei voti verdi – 45 su 53 – senza i quali sarebbe a rischio persino con il soccorso tricolore (24 deputati in Ecr). In realtà, lo stesso Green Deal – oggetto di un aspro scontro – ha valenza soprattutto simbolica: nel complesso gli estremi per quel voto a favore che a Palazzo Chigi fino a un mese fa davano per certissimo ci sarebbero. Lo scoglio del commissario pesante è un falso problema. Sia Tajani che Giorgetti hanno esplicitamente messo in campo Raffaele Fitto, candidatura che a Bruxelles va benissimo: ieri si sono rincorse voci sulla presenza del ministro di FdI a Strasburgo. Che riesca a strappare la concorrenza come nelle ambizioni della premier è difficile con l’eterno tormentone dei balneari di mezzo ma non è l’unica postazione di cui l’Italia potrebbe accontentarsi e in ogni caso, come è un tema che verrà affrontata solo in agosto.
Sull’immigrazione la consonanza è totale, tanto da non poter essere apertamente sbandierata senza mettere a rischio l’elezione di Ursula che per la premier italiana resta il primo obiettivo. L’applauso di Meloni sull’immigrazione potrebbe essere troppo per S&D e per i Verdi. Anche sull’Ucraina l’assonanza è completa, pure se ieri Fdi si è smarcata su due punti essenziali nella risoluzione dell’Eurocamera: si è astenuta sul passaggio che legittima l’uso delle armi europee per colpire obiettivi anche in territorio russo per evitare uno scontro non solo con Salvini ma con lo stesso Tajani, e soprattutto ha votato contro la censura a Orban per le missioni non autorizzate. La premier vuole evitare una rottura completa con la stragrande maggioranza della destra sovranista.
Per giustificare un "sì", le serve un risultato politico: "Meloni non darà nessun voto gratis", sottolinea il ministro Luca Ciriani. E quel risultato può essere solo un cambiamento sul Green Deal. Ma la stessa esigenza hanno socialisti, liberali e verdi: hanno bisogno di uno schiaffo sonoro alla leader italiana. È questo il rebus la cui soluzione sarà nota solo oggi. Forse neppure prima del voto ma a urne chiuse. E chissà se in questa decisione non pesi anche una considerazione tattica, la stessa che ha suggerito di non rendere note le telefonate tra Meloni e von der Leyen. Dichiarare l’appoggio in anticipo potrebbe portare a Ursula più danni che vantaggi.