Mosca, 11 febbraio 2025 - Migliaia di civili ucraini ‘scomparsi’ nelle carceri russe. Nessuno ha notizie di loro. “Sono tenuti in condizioni terribili e sottoposti alle torture più dure”, è la denuncia degli attivisti umanitari. Telecamere spente nelle celle per evitare di riprendere ciò che accade e nessuna punizione per i carcerieri in caso di violenza eccessiva.
Secondo il Wall Street Journal, alle guardie russe sarebbe arrivato il comando di “essere crudeli”, con la promessa di piena impunità. Addirittura, sarebbe stata concessa la sperimentazione di tecniche nuove, mentre le ferite possono essere lasciate andare in cancrena.
Sono le rivelazioni choc che arrivano dall'Associazione Premio Nobel 'Ukrainian Center for Civil Liberties', che parla di almeno 7mila persone incarcerate e torturate. Ma i dati risalgono a marzo dello scorso anno, oggi i numeri potrebbero essere molto più alti. Ma per il Washington Post – venuto in contatto con vittime, associazioni e volontari che rintracciano le persone mancanti all'appello – sono più del doppio. E pochissime di loro vengono incluse negli scambi di prigionieri di guerra tra le parti.
Celle di tortura in tutta la Russia
Con l'avanzata delle forze russe e l'occupazione di ampie zone del territorio ucraino, migliaia di civili sono svaniti all'interno del sistema carcerario russo, rinchiusi all'interno di prigioni, centri di detenzione e celle di tortura in tutta la Federazione e nell'Ucraina occupata. Della loro sorte si occupano assieme volontari ucraini e russi, una 'rete' allargata che raccoglie e passa informazioni, tiene contatti con le autorità, dà notizie alle famiglie. Chi ne fa parte in Russia agisce a rischio della propria vita, a volte in cambio di denaro ma più spesso senza chiedere nulla in cambio.
First Flight: "Sottoposti alle torture più dure”
“Sono tenuti in condizioni terribili, sottoposti alle torture più dure, non ricevono una protezione efficace. I tribunali non soddisfano i requisiti di un processo equo, i procedimenti giudiziari spesso si svolgono a porte chiuse", rende noto 'First Flight', una rete di attivisti russi con sede all'estero.
La toccante storia di Nadezhda
Tra le storie incontrate quella di Nadezhda Yevdokimova: l'ultima volta che ha visto suo marito è stato quasi tre anni fa, quando è stato trascinato fuori dalla loro auto dai soldati russi a un posto di blocco nel nord-est dell'Ucraina, un luogo disseminato di cadaveri e carcasse di carri bruciati. Quell'inverno, dopo mesi di straziante silenzio, Nadezhda, che ora vive in Europa, ricevette una telefonata da un numero russo sconosciuto. Suo marito, Vlad, le dissero, era detenuto in una prigione in Russia.
Lo sconosciuto raccontò di aver trovato il suo nome e il suo numero su un minuscolo pezzo di carta, fatto filtrare di nascosto dalla cella di Vlad. Nadezhda avrebbe scoperto in seguito che l'uomo che l'aveva chiamata quel giorno faceva parte della rete di volontari.
"La definisco la più grande crisi dei diritti umani nella Russia moderna", dichiara Roman, un avvocato di Mosca che si è impegnato a lavorare sulla questione dal 2022 e che il Washington Post non identifica con il nome completo, come molte altre persone ascoltate, per via del rischio cui vanno incontro.
Lo sconosciuto che chiamò Nadezhda quel giorno, racconta ancora il Washington Post, era una guardia carceraria russa che lavorava nella struttura dove Vlad era allora detenuto. Per due mesi i due comunicarono tramite l'app Viber e Nadezhda riuscì finalmente a capire cosa fosse successo a suo marito. Vlad era stato catturato dalle truppe russe e accusato di opporsi alla guerra. Era stato poi spostato tra le colonie di prigionieri nella Russia meridionale e vicino a Mosca.
Denti rotti e torture: i messaggi in chat
"Voleva solo aiutarmi
" , ha spiegato la donna, parlando del volontario e assicurando che non ha mai chiesto alcun compenso. Due mesi fa, Nadezhda ha poi ricevuto un'altra chiamata inaspettata. Questa volta era un prigioniero di guerra ucraino appena rientrato, che aveva trovato il suo contatto attraverso volontari.L'uomo aveva condiviso la cella con Vlad per un anno in una colonia carceraria a sud di Mosca. Vlad era ancora vivo ma aveva perso tutti i denti a causa delle torture subite.
Nadezhda affronta la situazione in cui si trova raccontando a tutti quelli che incontra la storia di suo marito, inviando richieste e cercando indizi. "Lo sto aspettando".
Quante vittime? “Numeri astronomici”
"Quello che sta accadendo qui avviene su scala federale. Molte più persone stanno diventando vittime di questo sistema e i numeri sono astronomici", ha aggiunto. Un'ex funzionaria delle forze dell'ordine russe, fuggita dal suo paese, e che ora aiuta le famiglie ucraine a ritrovare i loro cari, ha affermato che la situazione è sistemica. “Il rapimento di
civili è un elemento di terrore”, ha aggiunto.
Il Ministero della Difesa russo sostiene che i civili sono detenuti in conformità con le Convenzioni di Ginevra, ma la Convenzione sulla protezione dei civili durante la guerra proibisce la presa di ostaggi civili, sottolinea il giornale, che raccoglie poi l'appello degli attivisti: "Mentre cresce la pressione sull'Ucraina e sulla Russia per porre fine alla guerra, la questione dei civili ucraini catturati in Russia deve essere posta in cima all'agenda di qualsiasi negoziato, anche prima delle questioni relative alle concessioni territoriali e alle garanzie di sicurezza", chiedono gli attivisti.
Chi sono i civili imprigionati
Tra le persone ascoltate dal quotidiano statunitense Wsj, il sacerdote ortodosso russo Mikhnov-Vaytenko, che visita i civili ucraini in attesa di giudizio all'interno della Crimea occupata e della Russia. Quelli che incontra sono abbastanza "fortunati" da essere stati incriminati superando la fase di 'congelamento', quella in cui praticamente non ne esiste traccia. "Non possiamo fermare questa guerra", ha detto Mikhnov-Vaytenko. "Ma posso aiutare a mantenere alcune persone al sicuro. La cosa più importante è che restiamo esseri umani, molte persone in Russia la pensano come me".
Mikhnov-Vaytenko coordina gruppi di volontari in tutta la Russia: centinaia aiutano i rifugiati e i prigionieri ucraini. E spiega: "Sono persone con background, istruzione e profili d'età completamente diversi". Molti hanno parenti ucraini o radici familiari in Ucraina. Altri vogliono solo aiutare".