Con l’inizio della tregua a Gaza, l’esercito israeliano rivolge ora il proprio slancio alla Cisgiordania, dove ieri ha lanciato a sorpresa l’Operazione Muraglia di Ferro. Il rafforzamento della sicurezza in quella regione, ha spiegato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, si è aggiunto adesso agli obiettivi iniziali della guerra. "Operiamo in maniera sistematica e determinata – ha affermato – contro l’asse iraniano ovunque esso tenda i propri tentacoli: Gaza, Libano, Siria, Yemen e anche in Giudea-Samaria", il nome biblico della Cisgiordania.
Le operazioni sono concentrate a Jenin, nel nord della Cisgiordania, dove per 40 giorni le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese si erano già confrontate con una milizia locale: il ’Battaglione Jenin’, composto da membri di Hamas, della Jihad islamica e di al-Fatah. Ma agli occhi israeliani il risultato è apparso deludente e da ieri – dopo che la città è stata stretta d’assedio – droni dell’Idf, l’esercito israeliano, hanno iniziato a colpire i veicoli dei miliziani. Un primo bilancio parla di 9 morti e una quarantina di feriti.
Secondo l’intelligence di Israele, fra i fomentatori di una crescente ondata di attacchi armati palestinesi in Cisgiordania c’è l’Iran, che dal territorio giordano riesce a inoltrare alle milizie locali finanziamenti, armi ed anche ordigni particolarmente sofisticati. Rappresentano ormai un pericolo per gli spostamenti di truppe in Cisgiordania, che hanno subito perdite. In un anno di continue operazioni anti-terrorismo, l’esercito afferma di aver ucciso oltre 700 miliziani. Ma evidentemente non è stato sufficiente. Anche perché la popolarità di Hamas appare in crescita.
Domenica la liberazione di decine di detenuti palestinesi – nella fase iniziale della tregua – si è trasformata in una serie di manifestazioni a sostegno del movimento islamico. E, proprio In risposta all’operazione militare israeliana a Jenin, i miliziani hanno esortato i palestinesi della Cisgiordania a intensificare la resistenza contro le forze israeliane, come riporta il Guardian.
Sulle premesse dell’operazioni di Tel Aviv in Giudea-Samaria, merita di essere ricordato come giorni fa, dopo un cruento attentato nel villaggio di Funduk, il ministro di estrema destra, Bezalel Smotrich, abbia invocato una dura reazione militare in Cisgiordania: "Nablus e Jenin dovranno apparire come Jabalya", un campo profughi di Gaza devastato nelle ultime settimane dall’esercito israeliano. Adesso, anche alla luce della tregua nella Striscia di Gaza, è intervenuto tra gli altri il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, per invitare le forze di sicurezza israeliane a esercitare "la massima moderazione" nella Cisgiordania occupata,
A rendere incandescente quella regione contribuiscono inoltre le attività di coloni di estrema destra che ritengono di avere nel governo Netanyahu ampie protezioni politiche. Fra queste, quella del ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (dimessosi nel frattempo) che ha ostacolato le attività dello Shin Bet (sicurezza interna) contro i gruppi violenti dell’estrema destra ebraica. Anche il ministro della difesa del governo israeliano, Israel Katz, ha mostrato benevolenza nei loro confronti, annullando cinque arresti amministrativi.
Intanto, nella notte di lunedì, centinaia di coloni delle frange più violente sono penetrati a Funduk dove hanno compiuto un "raid punitivo", dando fuoco a veicoli e anche ad abitazioni al cui interno si trovavano civili. Non hanno poi esitato ad aggredire con spray urticanti un agente di polizia e un militare che cercavano di contenerli. Due assalitori sono rimasti feriti dal loro fuoco di reazione. Ma al termine del raid non si è avuto alcun arresto. Nel frattempo, Donald Trump, appena reinsediato nello Studio Ovale, ha firmato l’ordine esecutivo per revocare le sanzioni ai coloni in Cisgiordania. Invertendo così la politica del predecessore.