Roma, 24 marzo 2025 – Simone Dossi, docente di relazioni internazionali dell’Asia orientale alla Statale di Milano e direttore della rivista scientifica OrizzonteCina, è autore del libro “La muraglia d’acciaio” (il Mulino) sulle forze armate cinesi.

Professore, che significato ha la notizia che i cinesi potrebbero inviare truppe di pace con i volenterosi o con l’Onu in Ucraina dopo la tregua?
“È un primo sondaggio per vedere le reazioni. I principali media cinesi non ne hanno parlato. Però viene comunque già mandata in questo modo una serie di messaggi politici”.
A chi sono indirizzati?
“In primo luogo all’Unione Europea, con la disponibilità a contribuire attivamente alla risoluzione del conflitto. Fa parte del tentativo della Cina di ricucire le relazioni con l’Ue, danneggiate dalla guerra in Ucraina, in una fase di tensioni tra Stati Uniti e Unione Europea”.
A chi altri parla la Cina?
“Alla Russia per segnalare l’importanza delle relazioni con la Cina nel momento in cui si è aperto il dialogo diretto con gli Stati Uniti che tentano di separare Russia e Cina. Agli Stati Uniti per ricordare che separare Russia e Cina è più difficile di quello che credono. Ed è un segnale al Sud del mondo, in continuità con altre missioni cinesi di peacekeeping: la Cina si propone come potenza responsabile e affidabile che contribuisce alla stabilità internazionale”.
Ma è credibile l’utilizzo di forze armati cinesi in Ucraina?
“Sulla effettiva realizzabilità ci sono diversi dubbi, è estremamente prematuro. Tra i Paesi europei e la Cina ci sono idee molto differenti e anche incompatibili. La Cina ha una concezione tradizionale e restrittiva del peacekeeping: serve il consenso delle parti. L’impressione è che per l’Europa il termine peacekeeping venga utilizzato in funzione retorica per legittimare un dispiegamento militare con una natura differente”.
Dopo il fallimento della Via della Seta in Europa l’esercito diventa uno strumento politico?
“Sicuramente le relazioni della Cina con l’Europa hanno subito un duro colpo con la guerra in Ucraina, la posizione cinese è stata percepita come ambigua. Da qui il tentativo di ricucire, approfittando del nuovo contesto. La Cina da tempo utilizza le Forze armate come strumento di costruzione di un’immagine positiva a livello internazionale, in particolare verso i Paesi del Sud globale”.
Una strategia ponderata?
“Il tema della sicurezza e delle forze armate è al centro di una delle tre iniziative globali della Cina, la Global Security Initiative, presentata in particolare al Sud globale come il contributo di Pechino alla stabilità internazionale. L’elemento di novità sarebbe l’utilizzo di questo strumento nei confronti della Ue”.
In Ucraina quali forze potrebbero dispiegare i cinesi?
“È tutto molto prematuro. In operazioni di peacekeeping spesso la Cina non ha nemmeno inviato forze da combattimento, ma forze impegnate in compiti logistici. L’invio di unità di combattimento è fenomeno più recente nell’esperienza cinese e circoscritto ad alcune operazioni di peacekeeping in particolare”.
Colpisce la rapidità con cui la Cina ha reagito al cambiamento degli equilibri globali.
“L’impressione è che a differenza della prima elezione di Trump Pechino abbia previsto una serie di scenari per tempo sapendo poi come muoversi. È quello che si dovrebbe fare in questi casi, ragionare sulle diverse opzioni in maniera da essere pronti a seconda di come evolve la situazione. In Europa si nota un po’ più di confusione”.
C’è un legame con i dazi?
“Sì. Pechino tenta di fare leva sulle politiche americane nei confronti della Cina e dell’Europa per favorire un riavvicinamento anche dal punto di vista della cooperazione economica con i Paesi europei”.
Qual è la posizione della Cina rispetto alle trattative tra Usa, Russia e Ucraina?
“La posizione della Cina fin dall’inizio è una soluzione negoziale coinvolgendo tutte le parti, posizione ribadita anche in questi giorni con la Francia. Questo è stato letto ora come un sostegno alla richiesta europea di essere coinvolti, nella logica di un tentativo di riavvicinamento con l’Europa. Vengono viste positivamente le iniziative dell’amministrazione americana di apertura di un negoziato. L’esito del potenziale compromesso pone però una serie di interrogativi per la Cina: Pechino ha più volte richiamato il principio dell’integrità territoriale nelle sua dichiarazione sulla guerra in Ucraina”.
Questa attenzione alla diplomazia è finalizzata ad arrivare all’annessione di Taiwan?
“Sulla conclusione del conflitto attuale in Ucraina non credo ci sia un collegamento diretto con Taiwan, paradossalmente il collegamento esiste sulla questione dell’integrità territoriale. La Cina considera Taiwan come parte del Paese ed è particolarmente sensibile a ogni indebolimento del principio di integrità territoriale, utilizzato da Pechino per legittimare le proprie rivendicazioni sull’isola. Diventerà abbastanza problematico per la Cina accettare un accordo che neghi il principio di integrità del territorio ucraino”.