"Per me ora comincia la rinascita": Enrico "Chico" Forti ha lasciato ieri mattina la sua cella del South Florida Reception Center, carcere statale a Doral, e ora si trova nella struttura di sicurezza federale dell’Immigration and Customs Enforcement in attesa che vengano svolte tutte le procedure burocratiche previste dalle convenzioni internazionali per il rientro in Italia: l’ex velista e produttore tv trentino, 65 anni compiuti a febbraio, condannato negli Usa all’ergastolo per omicidio, ha siglato l’accordo con il giudice federale per scontare il resto della pena in Italia, dove la Corte d’Appello di Trento ha già convertito nelle scorse settimane la sentenza statunitense. Avendo già scontato 24 anni di reclusione, all’arrivo a casa a Forti potrebbero già essere applicate le forme alternative di detenzione come la semilibertà e poi, con la buona condotta, la libertà vigilata.
È quello che spera la famiglia. "Forse stavolta l’incubo finisce davvero", ha commentato lo zio Gianni. "Mi sento molto positivo", avrebbe detto Chico alle prime persone che ha incontrato fuori dalla cella. Rimangono i tempi per l’ultimo passo, quello che definitivamente permetterà a Chico di "varcare la porta dell’abisso e dell’inferno". Secondo alcuni ci potrebbero volere mesi per completare le pratiche, ma c’è la possibilità che questo ultimo miglio possa essere più veloce, vista la pressione esercitata dal governo italiano per concludere la questione, che negli anni ha procurato più di un attrito fra le magistrature dei due paesi.
È quindi auspicabile che Chico possa partire "in tempi brevi", come auspica lo zio, e che tutto si possa risolvere nel giro di due-tre settimane. La data che Forti ha bene impreso nella mente e che mai dimenticherà è quella del 15 febbraio 1998 quando su una spiaggia di Miami fu trovato il cadavere di Dale Pike, figlio di un uomo d’affari, Antony, con il quale lo sportivo e personaggio tv italiano era in trattative per l’acquisto di un hotel a Ibiza. Secondo l’accusa, Forti avrebbe ucciso Pike junior perché si stava rendendo conto che Chico voleva truffare il padre nell’affare approfittando del fatto che Antony soffrisse di un inizio di demenza senile. Alcune contraddizioni negli interrogatori fecero pendere la bilancia a sfavore dell’italiano che nel 2000 fu condannato all’ergastolo senza condizionale. Fin da 2012 ci furono tentativi per riaprire il caso che finalmente è arrivato alla sua conclusione.