Roma, 24 febbraio 2024 – “Da due anni ha in mente una sola cosa: vincere a qualsiasi prezzo. Ogni volta che Putin percepisce una debolezza dell’Occidente, opta per l’escalation. I tre mesi di ritardo nella fornitura degli aiuti militari americani hanno fatto non solo un danno sul fronte ucraino, con la minore disponibilità di munizioni e la necessità di cedere Avdiivka, ma hanno anche accentuato la repressione in Russia, come ha tragicamente dimostrato il caso di Alexei Navalny. A ogni passo indietro o debolezza dell’Occidente, anche solo percepito, corrisponde un passo in avanti di Putin. Che può risolversi a trattare davvero solo se e quando sarà sconfitto sul campo". Così Nona Mikhelidze, analista dell’Istituto affari internazionali.
La Russia sta vincendo? Sta raggiungendo i suoi obiettivi ora che la controffensiva ucraina non ha prodotto risultati e gli Stati occidentali iniziano a mostrare qualche segnale di stanchezza nel supportare seriamente Kiev?
"È quello che vuole far credere la propaganda di Mosca, con qualche successo, devo dire. Ma è soltanto nello spazio informativo che la Russia vince. La vittoria si definisce guardando gli obiettivi di partenza. Ora, quali obiettivi si è posta Mosca nel febbraio di 2 anni fa? Il rovesciamento in pochi giorni del governo Zelensky e la creazione di un governo fantoccio per prevenire l’integrazione europea e Nato dell’Ucraina. Invece si è trovata invischiata in una guerra dove ha perso più di 300mila uomini e dove, dopo le conquiste russe iniziali, gli ucraini sono riusciti a liberare più del 50% dei terrtori che i russi avevano occupato nel primo mese di offensiva. Chiaramente, la Russia non ha raggiunto gli obiettivi iniziali e quindi sicuramente non si può dire che oggi stia vincendo".
Se però dovesse interrompersi il flusso di aiuti militari ed economici da parte dell’Occidente sarebbe un’altra storia?
"Sicuramente il tira e molla del Congresso americano nel dare il via libera al maxi pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari è stato importante nel far riguadagnare l’offensiva ai russi in alcuni tratti del fronte. È stato il punto cruciale: il mancato invio delle munizioni ha costretto l’Ucraina a ritirarsi da Adviidka. Se questo pacchetto dovesse rimanere bloccato ancora la situazione per gli ucraini sarebbe difficile: continuerebbero a combattere, certamente, ma con perdite maggiori. Quel che accadrà nel 2024 dipenderà da quello. Solo se il pacchetto di aiuti fosse bloccato potremmo porci il problema di una vittoria russa, perché, come abbiamo visto, l’Europa da sola non è in grado di produrre la quantità di aiuti militari forniti dagli Stati Uniti, a meno che non si confischino i 300 miliardi di beni russi congelati in Occidente".
E perché sinora non sono stati confiscati?
"Per almeno due motivi. Una è la preoccupazione specie americana di creare una sorta di precedente che potrebbe portare uno Stato come la Cina, che investe molto in Occidente, a ritirare i suoi investimenti per evitare che gli vengano confiscati. E poi perché sinora si pensava che questi asset fossero una fonte della ricostruzione".
Putin sta perdendo i freni inibitori? Dobbiamo attenderci un ulteriore irrigidimento del regime?
"Putin è sempre lo stesso, è l’Occidente che si ostina a non vedere la sua natura e ha necessità di vedere il sangue per capire con chi ha a che fare. Sotto Putin il numero di persone incarcerate o colpite da sanzioni amministrative ha superato quello del periodo di Krushov e Breznev messi assieme. Basta e avanza e non serviva Navalny, peraltro già avvelenato nel 2020, per capirlo. Allora si salvò, ora no. Ma già allora l’ordine era di eliminarlo. Se Navalny fosse stato ucciso solo dalle condizioni estreme di detenzione non avrebbero difficoltà a consegnare il corpo. Ma non lo fanno perché vogliono evitare una autopsia indipendente. E questo dice tutto".