Roma, 28 dicembre 2024 – Si fa sempre più strada l’ipotesi che dietro l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala ci sia un intrigo internazionale. Ad avvalorare questa pista sarebbero almeno due circostanze: il fermo il 16 dicembre scorso all’aeroporto di Malpensa di un cittadino iraniano, Mohammad Abedini Najafabadi, e la formale protesta del regime di Teheran con il governo italiano. E se due indizi non fanno ancora una prova, di certo alimentano i dubbi sulle circostanze in cui Cecilia Sala è stata prelevata nella sua stanza d’hotel un giorno prima del rientro in Italia e portata nel carcere di Evin, dove sono detenuti dissidenti politici e cittadini stranieri.
Gli Stati Uniti hanno formalizzato la richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Lo si apprende da fonti informate. Ora la parola passa alla Corte d’Appello di Milano che dovrà valutare, in base alla documentazione arrivata dalle autorità americane, se ci sono o meno le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione. La decisione finale, dopo il via libera della Corte d’appello, è esclusivamente del ministero della giustizia che ha 10 giorni di tempo per rendere effettiva l’estradizione.
Chi è Abedini Najafabadi
Ma chi è Mohammad Abedini Najafabadi e perché la sua sorte sta tanto a cuore al regime di Teheran? Abedini, 38 anni, tecnico informatico, è uno dei due cittadini iraniani bloccato su ordine della giustizia americana all'aeroporto milanese di Malpensa, dove era appena atterrato da Istanbul. Il suo arresto, il 16 dicembre scorso, ha causato da subito la formale protesta iraniana con l'Italia e gli Stati Uniti. Il 38enne è attualmente detenuto in regime di stretta sorveglianza: una misura presa per evitare rischi alla sua incolumità ma anche contro il pericolo di fuga. L'altro uomo al centro di questa vicenda, Mahdi Mohammad Sadeghi, cittadino statunitense-iraniano di 42 anni, è stato invece fermato negli Usa. Entrambi sono accusati dai procuratori della Corte federale di Boston di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni.
Le accuse
Abedini è sostanzialmente accusato di associazione a delinquere con finalità di terrorismo: è attualmente detenuto nel carcere di Opera, a Milano, dopo la misura cautelare emessa dalla Corte d'Appello di Milano. Abedini è accusato anche di aver fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate dagli Usa un'organizzazione terroristica, che ha poi portato alla morte di tre militari statunitensi, uccisi da un attacco con un drone su una base in Giordania. Il 22 dicembre il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato l'ambasciatrice svizzera in Iran (che rappresenta gli interessi americani nel Paese visto che Iran e Usa non hanno relazioni diplomatiche ufficiali), oltre che l'incaricato d'affari italiano, per protestare contro le misure.
Gli investigatori milanesi hanno analizzato quanto trovato nei bagagli dell’uomo a Malpensa: componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di giustizia statunitense, materiale cartaceo, bancario e commerciale, tre device telefonici e informatici.
Il legale: “Posizione meno grave di quanto possa sembrare”
“Dall'analisi dei documenti in mio possesso pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell'arresto". Lo afferma l'avvocato Alfredo De Francesco, il difensore di Mohammad Abedini Najafabadi.