Chernobyl, 26 aprile 2021 - A Chernobyl, in Ucraina, 35 anni dopo, la natura ha ripreso il sopravvento. Ci sono prati lussureggianti tra le rovine, qui il 26 aprile 1986 esplose un reattore nella centrale nucleare. Fu la più grave catastrofe nucleare della storia. Pari a quella di Fukishima provocata dal terremoto in Giappone, era l'11 marzo 2011. L'area che - secondo le autorità ucraine - potrebbe non essere adatta agli esseri umani per 24.000 anni, dal 2016 è riserva naturale e si vuol candidare a diventare patrimonio Unesco dell'umanità. Se il progetto andrà in porto la zona di esclusione, una ‘no man’s land’ che corre tutto attorno alla centrale, in un raggio di 30 chilometri, sarà nello stesso elenco del Taj Mahal in India, di Stonehenge in Inghilterra e dell’abbazia di Mont Saint-Michel in Francia. Oggi i padroni di Chernobyl sono alci, lupi e cavalli selvaggi, che crescono indisturbati. Si pensa di introdurre il bisonte europeo.
Il disastro
La catastrofe si verificò all’1.23 del mattino. Era in corso un test di sicurezza. Qualcosa non funzionò. Nel quarto reattore dell'impianto ci fu un'esplosione, l'incendio avvelenò l'aria con polveri radiottive sufficienti a confezionare 500 ordigni. La stessa potenza della bomba su Hiroshima. L'Ucraina era ancora parte dell'Urss. Le autorità cercarono di nascondere l'incidente. Per due giorni nessuno venne informato di quel che era successo. I lavoratori dell'impianto che vivevano nella vicina Pripyat sentirono distintamente il boato dell'esplosione. Ma l'evacuazione venne ordinata solo nel pomeriggio del 27 aprile. Un'operazione imponente che riguardò centinaia di migliaia di cittadini, sarebbero diventati almeno 230mila negli anni. Le nubi radiottive di Chernobyl spaventarono il mondo e secondo le stime avrebbero contaminato fino a tre quarti dell'Europa. Migliaia di persone furono condannate a morire di cancro e altre malattie provocate dalle radiazioni. Ufficialmente, le Nazioni Unite riconoscono solo una trentina di vittime, tra loro i vigili del fuoco che intervennero subito dopo l'esplosione. Ma le stime di organizzazioni non governative parlano invece di 100mila o addirittura 200mila persone. La vera storia di Chernobyl resta ancora da scrivere.
I primi condannati a morte
Tra le storie più drammatiche legate alla catastrofe c'è senz'altro il sacrificio dei liquidatori. Erano decine di migliaia, erano protetti alla meglio. Vennero ingaggiati per costruire un sarcofago attorno al reattore e ripulire le aree contaminate. Si stima che almeno 4.000 di loro furono condannati a morte.
La ricerca della verità
Tra le ultime rivelazioni su questa tragedia annunciata c'è la lettera del Nobel Andrei Sakharov indirizzata al presidente Michail Gorbaciov il 4 novembre 1988. Un atto d'accusa durissimo contro la disinformazione dell'Urss, tra i documenti top secret declassificati e pubblicati dal National Security Archive americano.
Il futuro
"Uno dei territori più emblematici dell'Ucraina" e monito per il mondo, come è stato definito, dev'essere anche protetto da un flusso inarrestabile di turisti. Nel 2019, certamente su spinta della serie televisiva, la centrale nucleare abbandonata e la città di Pripyat avevano registrato un boom di 120 mila visitatori. Anche le compagnie aeree si sono attrezzate. Il brivido di sorvolare la centrale abbandonata a 900 metri di quota costa poco più di cento dollari. Il turismo macabro garantisce un volo panoramico con tanto di foto e selfie con il pilota. "Chernobyl è la destinazione turistica di maggior successo in Ucraina", assicura il direttore di Chernobyl Tour. Forte delle statistiche: prima della quarantena, il numero di visitatori è raddoppiato ogni anno. Ma la rinascita di questo luogo simbolo si gioca su un altro piano. Per il ministro della Cultura dell’Ucraina, Oleksandre Tkachenko, "l’importanza della zona di Chernobyl va ben oltre i confini del paese. Non si tratta solo di commemorazioni, ma anche di storia e diritti delle persone". Su questo si punta per voltare pagina. E, paradossalmente, come ha osservato Denys Vyshnevsky, capo del dipartimento scientifico della riserva naturale, qui c'è "un’opportunità unica per preservare la biodiversità".