Roma, 31 dicembre 2024 – La strada per riportare a casa Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran, ma di fatto presa in ostaggio, con l'accusa di aver violato le leggi islamiche è molto stretta, piena di insidie e di ostacoli.
È ormai accertato che la giornalista è stata ammanettata come ritorsione per l'arresto avvenuto tre giorni prima a Malpensa dell'ingegnere svizzero-iraniano Mohammad Najafabadi Abedini, su mandato della magistratura americana. Mohammad Abedini, va detto chiaramente, è uno scienziato ma anche un agente dell'intelligence iraniana che dipende direttamente dai Pasdaran, i guardiani della rivoluzione. Insieme al connazionale già arrestato prima di lui negli States aveva il compito di girare il mondo per acquistare componentistica utile alla costruzione dei droni da combattimento. Gli americani chiedono l'estradizione, gli iraniani ricattano l'Italia: se l'ingegnere viene spedito negli Usa, Cecilia Sala resta nel carcere di Evin. Prendere o lasciare.
Che fare allora? In questo momento, in attesa della decisione della Corte d'appello di Milan,o il governo italiano si muove su tre direzioni che si intrecciano. Nostri agenti dell'Aise, agenzia dei servizi segreti che segue l'estero, sono in Iran e trattano con l'intelligence iraniana, il Ministero degli esteri tratta con governo di Teheran attraverso gli strumenti della diplomazia, idem i nostri Servizi e sempre la Farnesina parlano con gli americani per trovare una mediazione. Se ci sarà una decisione politica sarà il Ministro della Giustizia a doverla prendere.
Lo scenario è molto complicato, mentre sul piano strettamente giudiziario l'avvocato difensore dell'ingegnere iraniano con la faccia da bravo ragazzo intanto ha chiesto gli arresti domiciliari. Il nodo dell'intera vicenda è anche qui. Gli Usa non vogliono farsi scappare l'iraniano come invece è accaduto nel marzo 2023 con Artem Aleksandrovich Uss, quarant’anni, figlio di un oligarca russo detenuto agli arresti domiciliari nel Milanese in attesa di estradizione negli Stati Uniti per rispondere di riciclaggio e (soprattutto) di contrabbando di tecnologie a doppio uso civile/militare. Una banda di trafficanti serbi è stata utilizzata per farlo fuggire dall'Italia. E così esplose l'ira degli Stati Uniti. Che stavolta non sono disposti, per ora, a lasciarsi sfuggire il pesce grosso.
Rimangono alcuni punti oscuri dietro le quinte di questa intricata vicenda. Perché Fbi e Cia hanno avvertito la polizia italiana incaricandola di un arresto delicato come quello dell'ingegnere senza coinvolgere la nostra intelligence? La polizia ha avvertito i Servizi dopo avere appreso che le manette dovevano scattare non per un ladro qualsiasi ma per una figura eccellente dei pasdaran iraniani? Forse la nostra intelligence avrebbe potuto valutare da subito una eventuale ritorsione. Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano dell'Aise ha affidato una sua riflessione al Riformista ripresa dall'AdnKronos: "'Tra il 16 dicembre, giorno dell'arresto di Najafabadi, e il 19 dicembre, giorno dell'arresto di Sala, c'erano almeno 48 ore per intervenire. Si poteva evacuare Cecilia Sala rapidamente, farle raggiungere Baghdad o la Turchia con un volo privato''.
Cecilia Sala va riportata a casa ad ogni costo. Quindi ora governo ufficialmente, e Servizi segreti in via riservata, devono trattare sui due fronti, Iran e Stati Uniti. Questa complicata vicenda deve servire a far comprendere che fra Occidente e Iran è in atto una guerra fredda e quindi ad ogni futuro capitolo del conflitto va tenuta presente una possibile ritorsione di Teheran verso cittadini occidentali. L'Italia, che comunque con Teheran ha buoni rapporti diplomatici, deve tenere occhi e orecchie dell'intelligence bene aperti. La partita d'ora in poi si farà sempre più dura e delicata perché al vertice degli Stati Uniti è in arrivo Donald Trump.