Riccardo Noury – portavoce italiano di Amnesty International – il caso di Matteo Falcinelli racconta la violenza gratuita della polizia americana.
"Negli Stati Uniti la polizia è priva di controlli e di regole, la competenza è prevalentemente statale, nei 50 stati ci sono norme che differiscono tra loro, manca una direzione generale che stabilisca dei limiti all’uso della forza, sia delle armi da fuoco che della forza nel controllo di manifestazioni o nell’esecuzione di arresti. Questo caso ne è la prova soprattutto nella modalità di arresto che ricorda la vicenda tragica di George Floyd, ma anche altri casi. E poi una tecnica di immobilizzazione del tutto gratuita e crudele, perché dalle immagini emerge con chiarezza che quei 13 minuti in cui il ragazzo era in cella, in quella posizione, non costituiva né poteva costituire una minaccia nei confronti di alcuno. È una tecnica illegale, una sorta di punizione per non si sa che cosa…".
Lo hanno arrestato per presunta resistenza a pubblico ufficiale, una punizione aborme anche se il reato fosse stato realmente commesso?
"Esistono metodi di neutralizzazione molto meno cruenti, ma nelle forze di polizia americane c’è un problema di diritti umani che ha a che fare con la mancanza di norme. Non c’è uno dei 50 Stati che abbia delle norme che stabiliscano limiti nell’uso della forza secondo quanto stabilito dai trattati sui diritti umani. E se mettiamo insieme, negli ultimi dieci anni, tutti gli episodi di soppressione di proteste con uso di armi letali, le situazioni con detenzioni o azioni di contenimento, l’uso disinvolto dei taser, l’uso della forza non necessaria come avvenuto in questi ultimi giorni nei campus universitari, ecco è chiaro che c’è un problema generale di diritti umani violati dalla polizia dei singoli Stati che chiama in causa l’amministrazione federale".
Il governo italiano, con il ministro Tajani, ha detto che seguirà il caso. Cosa può fare?
"Che ci sia il dovere di chiedere un’assunzione di responsabilità per quanto è avvenuto è indubbio, ma facciamo attenzione a trovare la strada giusta, perché quella vicenda è di competenza della Florida. Il dialogo con Biden è fondamentale, ma chiedere alla sua amministrazione di fare giustizia sarebbe un errore".
Se in Italia ci fosse un comportamento del genere della politica sarebbe uno scandalo…
"In generale, a livello globale c’è una forte impunità di cui godono le forze di polizia, ma ora, se accadesse in Italia, probabilmente si configurerebbe il reato di tortura. È evidente che in Italia azioni come queste tenderebbero a non restare impunite. Dopodiché, nelle relazioni internazionali, quando si parla di diritti umani, sappiamo che non sono mai in cima alle agende degli incontri e delle relazioni, qui però c’è una madre che chiede giustizia, delle immagini inequivocabili e anche un governo che ha reagito prontamente; lasciamo che le cose vadano avanti e che ci sia giustizia".
Cosa la colpisce di questo ennesimo episodio?
"La gratuità di quei 13 minuti. Perché sono temporalmente differiti dall’arresto. Se, nel momento dell’arresto si può anche avere la sensazione che la persona che si vuole immobilizzare possa costituire una minaccia – e qui non mi pare –, ci sono comunque metodi meno cruenti del modello Floyd. Ma quei 13 minuti lì, in quella posizione volutamente dolorosa, è studiata proprio per far male fisico, non c’era alcuna minaccia, né una persona così poteva costituire una minaccia, quindi quei 13 minuti sono una punizione gratuita. Mi ha fatto impressione".
Sarebbe successa la stessa cosa se fosse stato un cittadino americano?
"Se mi chiede e cè un pregiudizio legato al comportamento delle forze di polizia verso gli italiani in America, penso di poterti dire di no, se la domanda è, se fosse stato nero, la mia risposta è: forse sarebbe stato peggio".